[Fan Fiction] Choices : Capitolo 2 – Esplodere

Prompt: 22 gennaio – Goccia

Era piuttosto difficile far sbottare Squall, e Seifer si dedicava con più impegno nel riuscirci che nel superare il suo esame SeeD.

Quella volta, in particolare, Seifer controllò tutto quello che aveva fatto Squall in quei mesi; avendo cercato di superare l’esame parecchie volte, sapeva che prima c’era una sorta di prova di idoneità, che Squall non aveva ancora sostenuto. Lo aspettò quindi poco prima dell’ingresso della Caverna del Fuoco, quella mattina, e lo vide avvicinarsi da solo, nonostante sapesse che doveva essere accompagnato da un insegnante. Sorrise e si portò il gunblade, già pronto per la battaglia, sulla spalla, picchiettandolo mentre guardava il suo rivale.

Squall non diede a vedere di averlo notato, e cercò di superarlo senza rivolgergli una sola parola. Ma Seifer gli bloccò il passo, costringendolo a guardarlo negli occhi.

“Non puoi entrarci da solo,” gli disse in quel tono canzonatorio che sapeva andare sotto la pelle di Squall fino a farlo fremere di rabbia.

“Fatti gli affari tuoi,” mugugnò Squall, posando quasi inconsciamente una mano sull’impugnatura del suo gunblade.

“Fermo lì,” lo bloccò di nuovo Seifer, togliendosi il gunblade dalla spalla e indietreggiando per allungare il braccio in un gesto di sfida. “Facciamo così. Se mi batti, ti lascio entrare da solo e lascio che sia Ifrid a farti un culo così. Se ti batto io, te ne torni con la coda tra le gambe dalla maestrina e le dici che devi ancora fare questa prova.”

Squall sospirò e cercò di oltrepassarlo di nuovo. “Altrimenti,” disse di nuovo Seifer, bloccandogli per l’ennesima volta il passo, “glielo dirò io che devi ancora farla. Puoi fare ciao con la manina al tuo perfetto corso di studi.”

Squall fece finta di nulla. Girò sui tacchi e fece per andare ad allenarsi nella piana, in attesa che il suo rivale si stancasse e se ne andasse. C’erano tante cose che non gli piacevano, ma che in fin dei conti avevano uno scarsissimo effetto su di lui; ma se c’era qualcosa che non sopportava erano i commenti sul suo corso di studi. Da una parte, le lodi di Quistis, che lo considerava un allievo modello e spesso lo portava ad esempio agli altri studenti, attirando così l’attenzione su di lui, che era l’ultima cosa che Squall potesse desiderare; dall’altra parte, l’ironia di Seifer, che ripeteva quasi quegli elogi al solo scopo di sminuire i risultati ottenuti da Squall. E siccome Squall era orgoglioso dei suoi risultati, non gli andava che venissero sminuiti, tanto meno da uno come Seifer.

Ma non mise in conto le continue punzecchiature di Seifer, il fatto di essere seguito nella piana, persino sullo spiazzo tra le montagne che era faticoso da raggiungere con un pesante gunblade legato alla cintura. Ogni sillaba che Seifer pronunciava, ogni lettera che stillava disprezzo e presa in giro, ogni complimento ripetuto e distorto arrivavano oltre alla corazza di Squall, accumulandosi e accumulandosi fino a quando gli sembrò di non potere più contenere un’altra goccia di quei veleni.

Fu così che Squall reagì con un rombo in gola che parve un ruggito, e che Seifer accolse con il suo solito sorrisetto canzonatorio. Fu così che mise più furia in battaglia di quanta Seifer avesse ritenuto possibile, e la battaglia rischiava di volgere un po’ troppo a favore del damerino vestito di pelle nera i cui risultati erano così insopportabili per lui, che voleva diventare il primo esperto di gunblade della storia del Garden. E allora, quando lo vide a terra, disarmato da un colpo particolarmente forte, decise di barare un pochino e ottenere la sua vittoria – sporca, certo, ma pur sempre una vittoria.

E quando si trattava di vittorie, Seifer non badava certo ai dettagli.

Lo confuse con una Fire e poi, mentre il suo avversario era ancora a terra che cercava di riprendersi dall’attacco magico, abbassò il gunblade con un sorriso che Squall non avrebbe esitato a definire un po’ folle.

A imperitura memoria di quella perdita di controllo, Squall si ritrovava ora un gran mal di testa e una cicatrice a sfregiargli la fronte.

*~*~*~*~*

Nelle settimane successive, Squall si ritrovò sempre più spesso a capire che cosa significasse l’espressione ‘goccia che fa traboccare il vaso’. Si sentiva esattamente così: un vaso riempito di preoccupazioni e responsabilità che spettavano a Cid, non a lui, ma che il vecchio preside non aveva esitato a buttargli addosso, pur di liberarsene lui stesso. Poi arrivava qualcosa da nulla, come la canzoncina dei treni di Selphie, l’incapacità di stare fermo di Zell, una frase di Rinoa che ne rivelava l’ingenuità, Irvine che ci provava un po’ troppo pesantemente con qualunque essere umano che nel Garden indossasse la gonna, Quistis che cercava di dimostrare di conoscerlo. E lui esplodeva e non era realmente per quelle cose, ma per tutte le preoccupazioni e responsabilità che avevano già riempito il vaso.

L’unico momento in cui si sentì vagamente in pace fu quando, insieme a Zell e Rinoa, entrò nel villaggio degli Shumi. L’atmosfera lì era tranquilla e serena, e la piccola ricerca di cui vennero incaricati fu tutto sommato leggera e divertente. Si sentiva più in pace con se stesso, come placato, e per una volta anche l’agitazione di Zell, tutto preso da quella nuova scoperta di cui non sapeva nulla, non lo infastidì.

Poi una sensazione strana, come un formicolio alla nuca, lo fece voltare verso i suoi compagni di squadra; lui camminava davanti al gruppo e Zell in fondo, per coprire le spalle a Rinoa che era l’elemento più debole – oltre che una cliente che doveva essere protetta. Si voltò e vide Rinoa che camminava dietro di lui, sfregandosi le braccia nude con le mani per cercare di scaldarsi, e quando i loro sguardi si incrociarono lei sorrise leggermente, quasi arrossendo.

Squall non l’avrebbe mai ammesso, ma gli parve, in quel momento, che quel sorriso rendesse più profondo il suo vaso. O che rendesse meno voluminose le preoccupazioni e le responsabilità. In ogni caso non si sentiva più sul punto di esplodere – ci sarebbero state ancora molte gocce prima che arrivasse quella a far traboccare il vaso – e il fatto che ciò dipendesse dal sorriso timido di Rinoa era una cosa che insieme lo terrorizzava e lo tranquillizzava.

*~*~*~*~*

Il vaso tornò a riempirsi quando Rinoa cadde in un sonno da cui nulla riusciva a svegliarla dopo la battaglia con Edea, e ogni volta che qualcuno gli ributtava addosso le responsabilità e le tensioni lui aveva voglia di urlare che non gliene frega proprio nulla. Rinoa era in un lettino dell’infermeria, immobile e fredda, e loro gli venivano a parlare di navi da cercare tra le coste di Centra?

Avrebbe urlato contro chiunque in quei giorni, ma come al solito accumulò, accumulò e accumulò fino a sbottare con Ellione, che continuava a ripetergli che non poteva fargli risentire la voce di Rinoa. Non la conosceva. Non poteva prendersi la sua coscienza.

Ma c’era la sua, di coscienza, quella di Squall, e lui sarebbe stato ben disposto a cederla anche per sempre se solo fosse bastato a risentire la voce di Rinoa. Perché Ellione continuava a ostinarsi a dire queste cose? Bastava mandarlo indietro nella propria, di coscienza, e sarebbe bastato. Non avrebbero perso tempo, non si sarebbero trovati a fluttuare nello spazio a quel modo verso una morte certa.

Dannata Ellione. Subito dopo, però, si pentì di quel pensiero, e sarebbe rimasto a indugiarci se sul casco di Rinoa non avesse visto l’immagine riflessa di una navicella spaziale che pareva sbucata dal nulla.

*~*~*~*~*

Quando sbattè la porta della sua camera, nascondendosi poi il viso tra le mani, pronto a distruggere per rabbia qualsiasi cosa, Squall fu costretto a rivedere la scala di cose in grado di farlo esplodere a quel modo.

E nell’ordine, queste cose erano le punzecchiature di Seifer, che aveva l’innata abilità di fargli del male, l’incapacità di Quistis di farsi gli affaracci suoi, e le rivelazioni di Laguna, servitegli fresche fresche solo pochi minuti prima, accompagnante dalla ramanzina di Quistis su come avrebbe dovuto trattarlo meglio.

“Fatti gli affari tuoi, tu,” le aveva risposto, e non si era sentito in colpa né del pensiero né delle parole. Gli sembrava che derivassero da anni di continui rimproveri da parte di Quistis: su come doveva aprirsi di più – specialmente con lei – su come doveva credere negli altri, su come doveva farsi aiutare… Quistis non lo aveva mai capito e non lo avrebbe capito mai, o non avrebbe creduto di avere il diritto di dirgli come reagire alla scoperta che Laguna Loire, il cretino che aveva popolato i suoi sogni in quei mesi, era suo padre.

Qualcuno bussò alla porta e lui grugnì, e quando disse, “avanti, è aperto,” parve più un ruggito che una risposta. La porta si aprì lentamente e si udì la voce di Rinoa.

“Posso?”

Lui si passò una mano sul volto, incredibilmente stanco e ferito. “Se è per parlare di Laguna, no.”

“Non ne parleremo, se non vuoi. Ma posso stare con te… sempre se mi vuoi.”

“Certo che ti voglio,” sussurrò lui voltandosi e attirandola a sé. In quel momento aveva un bisogno incredibile di pochissime cose: scordarsi dell’esistenza in quel mondo di Laguna Loire, scordarsi delle cose che aveva sentito, e avere accanto Rinoa. Lei ricambiò l’abbraccio facendo scorrere le mani sulla sua schiena.

“Non qui, però,” disse Squall, allontanandola un poco. Non lì dove poteva incontrare Quistis, Laguna, Ellione. Non lì. Non era pronto ad affrontarli, a vederli, a pensare a quello che aveva scoperto. Non era pronto a vedere la solita determinazione negli occhi di Quistis, che non era mai riuscita a capire del tutto che quando lui sbottava così era perché si era oltrepassato un limite. Con lei non l’aveva mai fatto, ma era stato per il rispetto dell’insegnante, non perché Quistis non avesse mai oltrepassato quei limiti. Anzi.

Quistis praticamente viveva oltre i limiti che lui aveva imposto al mondo.

“Ok. Hai in mente qualche posto particolare?”

“Balamb,” rispose lui senza pensarci, e tirò fuori dal suo armadio una giacca in più per avvolgerci Rinoa, dato che fuori faceva freddo. La trascinò via senza dire un’altra parola, e Rinoa si trovò spesso ad inciampare per stare al passo. Rallentarono solo quando ebbero oltrepassato le porte della città.

“Scusa, mi guardavano,” disse Squall, con lo sguardo basso e i capelli che gli cadevano davanti, a coprirgli il viso.

“Non c’è problema,” sorrise lei, infilando un braccio sotto al suo e stringendoglisi un po’. “Andiamo a mangiare qualcosa, ti va?”

*~*~*~*~*

Rinoa fu fedele alla sua promessa e non nominò mai nemmeno per sbaglio Laguna.

Ma Squall aveva capito da tempo di non essere altro che un vaso, capace di contenere infinite gocce di dolore, di veleni, di allegria, di responsabilità, di tensione, di paura, di rimpianto, di sensi di colpa… di un’infinità di sentimenti che gli riusciva persino difficile classificare. Il rispetto di Rinoa per i suoi sentimenti gli diede anche più spazio per pensare, e ogni pensiero era una goccia che cadeva nel vaso, e quando cadeva insieme alle altre sembrava gonfiarsi a dismisura fino a riempirlo.

Fino a quando Squall si sentì troppo pieno e prese a parlare lui di Laguna. A spiegarle la sua reazione e come si sentiva e come gli dava fastidio che gli altri non capissero, che sapessero soltanto dirgli cosa avrebbe dovuto provare senza cercare di capire cosa lui provasse davvero. Si trovò a confidarle un sacco di cose che Rinoa ascoltò attenta, materna, senza mai interromperlo o fare domande e dandogli il tempo che gli serviva per aprirsi così, per svuotare quel vaso di emozioni che lui sentiva incrinarsi sempre più. Le disse che Quistis non aveva mai avuto rispetto di lui, che si era sempre sentito, per lei, una specie di trofeo da poter esibire per dimostrare che brava insegnante fosse, quando in realtà non era poi un granché. Le disse che Seifer aveva un modo di ferirlo che gli lasciava addosso cicatrici, e che Selphie a volte era troppo felice per poterla sopportare a lungo, e che Zell era troppo iperattivo e gli era sempre troppo grato per qualcosa, e che diamine di problema aveva Irvine, sempre a correre dietro alle ragazze quando poteva averne una che non vedeva l’ora di renderlo felice?

E le disse che gli dispiaceva se l’aveva fatta sentire così, a volte, e Rinoa gli sorrise, lo accolse sul suo seno, lo strinse forte e gli disse che andava tutto bene. Lei in quel momento era felice, bastava che dopo anche lui stesse meglio.

E lo accolse anche quando Squall smise di esprimersi a parole e iniziò a farlo con i baci, e lo lasciò fare quando la spinse nella stanza, e quando ogni carezza sembrava una vendetta per i torti subiti in passato, e quandounblade.

“Fermo l%Co modo di farsi perdonare, se qualche volta l’aveva fatta sentire un vaso incapace di accogliere un’altra goccia.

“Grazie,” le disse alla fine, ansimante sul suo seno, mentre lei tirava le coperte addosso ai loro corpi nudi.

Lei si limitò ad accarezzarlo, e ad ascoltare il flusso di parole sospese nel silenzio, nell’animo di Squall, nel vaso svuotato di emozioni e di energie che era diventato.

*~*~*~*~*

“Bastava lasciargli il tempo che gli serviva,” disse la mattina dopo a Quistis che le chiedeva se sapeva come mai Squall era cambiato così, mentre sorseggiava il suo caffè, osservando il suo ragazzo che si avvicinava imbarazzato a suo padre.


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