[Fan Fiction] Choices : Capitolo 3 – Perdonare

Nota dell’autrice: questa storia contiene scene di sesso esplicite, quindi se vi infastidiscono saltate la lettura 🙂 Ci tengo a precisare che è colpa di Little_Rinoa.

Prompt: 23 gennaio – Tortura

“Stai scherzando, vero?”

Squall la guardò con gli occhi sbarrati. Rinoa non poteva avergli appena proposto una cena insieme a Cid, Caraway e Laguna. Doveva essere uno scherzo del primo aprile o molto in anticipo o molto in ritardo.

“No, Squall, non sto scherzando…” Rinoa riprese l’invito che gli aveva porto e lo risistemò nella sua busta, sospirando. “Nemmeno io voglio andarci, ma riguarda Timber, e devo esserci per forza. Potrebbe essere importante, e dopo tutto quello che abbiamo fatto per liberarla non voglio tirarmi indietro… ma vorrei che ci fossi anche tu.”

“Ma…” Squall si passò una mano sul viso, sospirando profondamente. “A cena con tuo padre e mio padre, ma ti rendi conto? Non resisterei cinque minuti! In più stiamo parlando di una cena politica…”

“Ti prego, non lasciarmi da sola ad affrontare tutti e tre… non posso farcela nemmeno io, ho bisogno di averti vicino… anche per aiutarmi se mi impapino…”

Squall sospirò – Rinoa sapeva che lo avrebbe fatto: bastava dirgli che aveva bisogno di lui per farlo cedere – e sedendosi alla sua scrivania, borbottò, “ok, ma dovrai farti perdonare.”

Rinoa sorrise, alzandosi per andare ad abbracciarlo. “Tranquillo,” gli sussurrò sensuale all’orecchio, “ho già in mente qualcosa…”

Ecco, borbottò Squall tra sé e sé, mentre Rinoa usciva tutta felice dall’ufficio. Ora non c’era verso di farlo rimanere tranquillo durante quella stramaledetta cena.

*~*~*~*~*

Squall aspettava da più di mezz’ora che Rinoa uscisse dal bagno privato della loro camera d’albergo; si era accomodato nella poltroncina ed era arrivato a sciogliersi il bottone più in alto della divisa nell’attesa. Non avrebbe mai capito che cosa facesse Rinoa per metterci così tanto ad essere pronta.

Soprattutto perché, quando uscì, sembrava che si fosse messa la prima cosa che le era capitata tra le mani: sapeva apparire naturale anche dopo tutto quel tempo di preparazione. Si era messa un vestitino azzurro che la fasciava fino al ginocchio, si era truccata appena, e lui la trovava incantevole. La guardò infilarsi due scarpine azzurre col tacco alto che sembravano strumenti di tortura, e avvolgersi intorno alle spalle uno scialle leggero blu scuro, prima di guardarlo e sorridergli.

“Sono pronta,” gli disse, mentre lui si richiudeva il bottone che aveva aperto, si passava una mano tra i capelli per rimetterli a posto e si alzava per avvicinarsi a lei e uscire, finalmente.

“Non mi dici niente?” sussurrò lei mentre Squall chiudeva a chiave la porta della loro camera.

Lui fece finta di ignorarla per un po’ – alla fin fine, lei lo aveva invitato a quella cena, e lui poteva tranquillamente vendicarsi un pochino, no? – ma poi, in ascensore, guardando la sua espressione un po’ corrucciata, sorrise e cedette.

Le fece scorrere un braccio intorno alla vita, sentendola irrigidirsi un poco e poi rilassarsi. Si avvicinò al suo orecchio come aveva fatto lei nel suo ufficio, una settimana prima, e sussurrò, “sei splendida.”

Lei ridacchiò, ricambiando velocemente l’abbraccio prima di arrivare a piano terra. “Ok… vorrà dire che dopo mi impegnerò ancora di più a farmi perdonare…”

*~*~*~*~*

Come aveva previsto Squall, la cena era stata una vera tortura.

Prima di tutto, mettere allo stesso tavolo Cid, che era l’uomo che immancabilmente gli rovesciava addosso il lavoro che lui non aveva voglia di fare, Caraway, che era il padre di Rinoa e che non mancava mai di fargli sentire sguardi gelidi quando si incontravano, e Laguna, che era suo padre e sembrava volerlo abbracciare ogni volta che si vedevano, era sempre una pessima idea. Nulla l’avrebbe mai convinto del contrario. Bastava aggiungere la rivalità latente tra Caraway e Laguna, che li portava ad essere in disaccordo su tutto, e il fatto che Cid era un po’ inetto e si schierava ora con l’uno e ora con l’altro per rendere completo un quadro assolutamente desolante.

Rinoa però era felice, e questo bastava a renderlo un po’ più sereno. Era riuscita a strappare accordi davvero vantaggiosi per Timber – con la promessa di Caraway di non intromettersi e quella di Laguna di fornire tutta l’assistenza tecnologica di cui la città avrebbe avuto bisogno. Cid aveva promesso di mandare delle matricole per le missioni più leggere, e questo l’aveva fatta sentire orgogliosa e soddisfatta del risultato.

Squall la osservò mentre entravano in ascensore e si sbottonava la giacca della divisa – altra tortura inutile da aggiungere alla somma della serata. L’unica cosa che l’aveva resa meno pesante era stata la sua presenza, il suo abbigliamento e soprattutto quelle promesse nemmeno troppo velate su come farsi perdonare di quella serata che, secondo i canoni di Squall, poteva essere classificata come infernale.

“Allora…” iniziò lei, prendendo con le mani i lembi dello scialle e allargando le braccia, avvicinandosi a Squall come per chiuderlo nella stretta della stoffa. “Cosa pensi che succederà, adesso?”

Squall piegò la testa, si leccò le labbra e fece un sorrisetto, lasciandosi avvolgere da lei. “Ti farai perdonare?”

“E sai come?” gli chiese Rinoa, lasciando andare lo scialle per fargli camminare le dita sul petto.

“Non proprio,” rispose lui, mentre lei si avvicinava sempre di più.

“Beh,” disse allora lei, appoggiandosi completamente al suo petto. “C’entrano le scarpe che ho addosso, e magari anche lo scialle…”

“Oh.”

“E ho pensato che stasera per te sarebbe stata una vera tortura… quindi ho pensato a una tortura più… piacevole…”

“Con i-” Rinoa lo interruppe baciandolo, e non lo lasciò andare fino a quando si ritrovò senza fiato a sentire la porta dell’ascensore che si apriva.

Si allontanò da lui e, sorridendo, camminò all’indietro fino alla loro stanza, osservandolo mentre la seguiva con un’espressione curiosa e maliziosa sul viso. Si lasciò baciare solo quando furono al sicuro dentro la loro stanza, e sentì le sue mani che le correvano impazienti addosso.

Rinoa lo fece retrocedere fino al letto, spingendolo e sollevandosi la gonna quanto bastava per sederglisi a cavalcioni senza strappare il vestito. Lo spogliò lentamente, sempre baciandolo, senza lasciargli il tempo di fare nulla. Lo sentì fremere quando le sue dita sfiorarono appena la pelle del suo petto che si scopriva man mano che gli apriva la camicia, e lo sentì trattenere un gemito quando, slacciandogli i pantaloni, gli sfiorò il sesso. “Fermo adesso, lasciami fare, ok?”

Lui ebbe solo la forza di annuire. Era nudo e lei era ancora del tutto vestita, e la osservò mentre si alzava e si abbassava la cerniera dell’abito e lo faceva scendere lentamente. Sotto indossava soltanto le mutandine, e tolse anche quelle con un gesto talmente lento che Squall gemette d’impazienza. Non levò però le scarpe, e lui la guardò con un’espressione incuriosita.

“Ti piacerà,” disse lei, salendo sul letto e tornando a sederglisi a cavalcioni, lasciandosi toccare a lungo, lasciandogli credere di avere un minimo di controllo su ciò che stava per succedere. Quando sentì la sua erezione premerle contro le cosce, si scostò da lui e lui cercò di rovesciarla e salirle sopra, ma lei lo bloccò con fermezza e lui rimase a cercare di continuare a baciarla.

“Adesso mi faccio perdonare,” riuscì a bofonchiare lei tra i baci, e lui sentì la stoffa morbida dello scialle che gli avvolgeva il sesso, lentamente, con una carezza così diversa da quella della pelle che si sentì rabbrividire. Lei colse l’occasione per farlo stendere sul letto e dare inizio al gioco che aveva ideato per farsi perdonare.

Squall non ebbe il tempo di capire cosa avesse pensato di fargli, perché subito dopo sentì la sua bocca avvolgergli la punta del sesso mentre lo scialle continuava ad accarezzarlo. Rinoa era lenta, quasi metodica, come se volesse far durare quella tortura magnifica fino all’infinito; non riusciva a sentire la sua pelle attraverso la stoffa, ma sentiva la sua mano stringersi accompagnata dai movimenti della sua lingua, e all’improvviso si sentì fremere perché lei era passata dalla lentezza alla forza. Gemette, e lei tornò ad essere lenta e accarezzarlo e leccarlo, e poi la sentì tornare a stringere e succhiare con forza.

Non avrebbe saputo dire quanto fosse durato. Rinoa alternava la leggerezza e la lentezza alla forza e alla velocità, e solo a circa metà gioco indovinò che stava imitando i movimenti di un orologio che batteva l’una, poi le due, poi le tre… aveva insieme paura e una voglia incredibile di arrivare a battere le dodici.

Gemette di nuovo, allungando una mano per accarezzarle il sesso mentre lei continuava la tortura piacevole che aveva ideato per farsi perdonare. La sentì respirare con più forza contro la sua pelle, e poi sentì scivolare via la stoffa dello scialle, che cadde a terra con un tonfo leggero, e per un breve e meraviglioso momento la bocca e la pelle di Rinoa lo avvolse completamente e lui si trovò ad implorarla. Voleva essere dentro di lei immediatamente e non era disposto ad aspettare che lei portasse alla fine il suo gioco.

Le prese la testa fra le mani quando lei non sembrò dargli retta, e la trascinò su di sé, baciandola appassionatamente con il sesso che gli pulsava di eccitazione tra le gambe.

“Non ce la faccio,” le sussurrò baciandola, rovesciandola sul letto e trovandola docile, arrendevole e pronta ad accoglierlo quando entrò in un unico movimento, fluido, veloce e potente, a testimonianza del suo desiderio.

Rinoa gemette e assecondò i suoi movimenti, spingendosi contro di lui e contraendosi intorno al suo sesso, strappandogli i gemiti che adorava sentire. Era difficile far gemere di piacere Squall – era un tipo silenzioso anche nel sesso, e a lei piaceva sentire quei suoni pieni di sensualità che sapevano eccitarla più dei baci e delle carezze. Squall continuò a gemere, e lo fece ancora di più quando lei sollevò le gambe e i tacchi a spillo delle sue scarpe gli sfiorarono i polpacci, tesi per l’eccitazione e per i movimenti. Si sollevò a guardarla provare piacere, muovendosi sempre più velocemente e con sempre più forza, fino a quando la tensione accumulata si liberò in un orgasmo che fece contorcere lei e mancare il respiro a lui.

“Wow,” gemette quando le cadde addosso, e Rinoa ridacchiò, sfiorandogli l’orecchio con la bocca.

“E allora, sono perdonata?” sussurrò, accarezzandogli pigramente la schiena.

“Sì, sei perdonata…” Sistemò la testa contro la sua spalla e sospirò. “Ma guai a te se butti quelle scarpe.”


Torna a ‘Seleziona Capitolo’

Vai a Capitolo 4