[Fan Fiction] Le mie stelle

Autore: White Gundam [Scrivi]

Personaggi principali: Laguna Loire, Ellione, Raine Leonheart

Disclaimer: Tutti i personaggi descritti appartengono ai rispettivi proprietari.

Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale

Rating: verde

Introduzione

Laguna ed Ellione, davanti alla tomba di Raine, ricordano il passato a Winhill.
Raine ed Ellione, le stelle di Laguna, le sue stelle.

Le mie stelle

Le mie stelle

I mi volsi a man destra, e puosi mente a l’altro polo, e vidi quattro stelle non viste mai fuori ch’a la propria gente.
Goder pareva ‘l ciel di lor fiammelle: oh settentrional vedovo sito, poi che privato se’ di mirar quelle!

[Dante Alighieri – Divina Commedia – Purgatorio]

“Zio Laguna!”
La voce della giovane gli arrivò dolcemente all’orecchio nello stesso istante in cui la mano della ragazza si posava sulla sua spalla.
L’uomo prese fiato, appoggiando la sua mano sopra a quella della sua bambina, come ancora gli piaceva chiamarla, nonostante non fosse più il termine adatto a definirla.
“Va tutto bene, Elli.”
Le rispose, umettandosi leggermente le labbra, e concedendosi un lento sospiro.
“Ero solo perso nei miei ricordi.”
Gli occhi verdi dell’uomo si staccarono dalla fredda lapide che mostrava il nome della moglie e si rivolsero allo sguardo preoccupato della giovane. Laguna sorrise nella sua direzione, con un sorriso leggermente malinconico.
“Manca anche a te, non è vero?”
Le chiese, alzandosi dalla posizione in cui era seduto accucciato e posandole con dolcezza una mano sulla nuca. Ellione annuì, ricambiando la malinconia espressa dall’uomo, con lo stesso gesto.
“Sì.”
Rispose e lo avvolse in un abbraccio.
“Rimpiangi il passato, zio?”
Laguna le sorrise, ricambiando l’abbraccio e stringendola con le sue braccia ancora forti, nonostante l’ormai avanzata età.
“La vita mi ha concesso di vedere due stelle, la cui luminosità e il cui calore li ho visti soltanto io, non ho rimpianti, Elli, solo un po’ di malinconia.”
Sorrise l’uomo, staccandosi dalla giovane e guardando i suoi occhi curiosi.
“C’è qualcosa che vuoi chiedermi? Avanti dimmi, vedrai che lo zio Laguna avrà una risposta.”
Le disse, allargando il sorriso sul volto, andando ad accentuare le rughe ai lati della bocca.
“Beh, io…”
Ellione tentennò, arrotolandosi una ciocca di capelli neri sul dito destro. L’uomo la guardava paziente, spronandola con lo sguardo e col sorriso a porgergli la domanda che leggeva nei suoi occhi scuri.
“Vorrei che mi parlassi di Raine.”
Si decise infine la ragazza. Laguna la fissò, lo stupore che illuminava i suoi occhi verdi e un forte dolore che gli premeva sulla gamba sinistra. L’uomo si umettò nuovamente le labbra fini, non si era aspettato quella domanda ma voleva comunque darle una risposta.

“Signore, signore!”
La voce dal tono alto gli rimbombò nelle orecchie, a giudicare dal tono doveva appartenere ad una bambina piccola.
Il ragazzo aprì piano la bocca a prendere un respiro cosciente, quindi aprì leggermente gli occhi verdi, tentando di scostare i lunghi capelli neri con un leggero movimento del capo.
“Do- dove sono?”
Biascicò sentendo, sotto il suo corpo dolorante, la confortevole presenza di un materasso.
“Al sicuro.”
Rispose allegra la voce, aiutandolo a spostarsi i capelli dagli occhi.
“Certo però che hai dormito a lungo, stai meglio, signore?”
Chiese ancora la piccola, guardandolo negli occhi. Il giovane riuscì a scorgere, nella sua vista annebbiata, il sorriso della bambina a cui rispose quasi per riflesso.
“Ellione, lascia in pace il ferito, ha bisogno di riposarsi!”
La voce severa della ragazza arrivò dal piano inferiore. Il ragazzo chiuse gli occhi, affaticati dalla luce, e si rivolse alla bimba in un sussurro:
“Non mi disturbi piccola, ma ascolta tua madre.”
Gli occhi di Ellione si rattristarono:
“Raine non è la mia mamma, la mamma è morta e allora Raine si prende cura di me.”
Rispose piano, ma prima che il giovane potesse aggiungere altro, Raine irruppe nella stanza.
“Elli, quante volte te lo devo ripetere? Vai a giocare fuori, il ragazzo è ferito e deve riposarsi.”
La voce della ragazza pareva quasi esasperata, mentre accompagnava la bambina davanti alle scale.
“Ti sei svegliato, allora?”
Gli chiese, sedendosi su una sedia posta vicina al suo letto, il giovane mugolò qualcosa in segno di risposta.
“Posso sapere il tuo nome?”
Chiese ancora lei, mentre estraeva da un cassetto una garza pulita e si preparava a cambiargli la fasciatura alla testa.
“Laguna Loire…”
Riuscì a dire il ragazzo, prima che un doloroso crampo alla gamba sinistra non gli impedisse di continuare il discorso.
Raine sospirò e, dopo avergli cambiato la fasciatura, scostò le tende dalla finestra, permettendogli una visuale che egli non aveva mai visto.
Laguna era nato e cresciuto a Deling City, la capitale di Galbadia, dove le stelle venivano oscurate dal ritmo frenetico della città e della vita notturna. Non aveva mai visto gli astri luminosi fuori dai cinema e dalle fotografie e, nonostante avesse brevemente girato il paese come soldato, non gli era mai stato possibile vedere lo spettacolo di una notte di campagna.
Gli occhi di Laguna brillarono nel vederle e il suo volto fu attraversato da un allegro sorriso.
“E’ bellissimo!”
Gridò, eccitato come un bambino il giorno della vigilia di Natale. Sentì il suo corpo formicolare, stanco del lungo e forzato riposo e fece per scendere dal letto, ma la mano ferma di Raine lo costrinse a rimanerci.
“Non ti puoi alzare, non sei ancora guarito.”
Lo rimproverò, sospirando e sparendo al piano terra scendendo le scale.

“Zio Laguna!”
La voce allegra della bambina lo raggiunse dalle scale. Laguna deglutì.
“Raine è con te, vero?”
Chiese, temendo di conoscere la risposta negativa che subito arrivò dalla bimba che gli diceva orgogliosa di essere arrivata fino a casa sua completamente da sola.
Laguna si mise una mano sulla fronte, scuotendo la testa.
“E’ pericoloso!”
Si lamentò lui, prendendola in braccio e cercando di sembrare arrabbiato, con vani risultati.
“Zio, ma se abito nella casa a fianco!”
Rise lei, gettandogli le braccia al collo. Laguna scosse la testa, forse era troppo protettivo.
“Raine dov’è?”
Le chiese, appoggiandola a terra e scompigliandole i capelli, la risposta arrivò, chiara e scontata:
“Al bar, a lavorare.”
Laguna le prese la mano, aiutandola a scendere le scale, e la accompagnò fuori, ma invece di dirigersi al bar attraversò la piazza, dove il fresco vento primaverile giocava tra le foglie degli alberi, e si diresse con lei al negozio di fiori.
“Wow! Sono tutti coloratissimi!”
Gridò la bambina, sotto lo sguardo torvo della proprietaria.
“Ma perché siamo venuti qui, zio Laguna?”
Gli chiese, accarezzando i petali di un giglio, prima che l’anziana fioraia le allontanasse sgarbatamente la mano.
“Io ecco… Devo comprare un regalo.”
Mormorò, dirigendosi poi verso la proprietaria.
“Un mazzo di rose.”
Disse, allegro, mentre quella lo guardava acida.
“Rosse o bianche?”
“Esistono rose bianche? Fantastico io credevo che fossero solo rosse… Rosse comunque.”
Rise lui, prendendo il bouquet che l’anziana gli porgeva e tirando fuori il portafoglio.
“A lei, molte grazie, e cerchi di sorridere ogni tanto.”
Le disse con un sorriso, avviandosi verso la porta e ignorando l’offesa che la fioraia gli rivolse.
Quando arrivarono al bar di Raine era ormai tarda sera e lei stava cominciando le pulizie, salutò Ellione con un bacio sulla fronte e le disse di andare a dormire.
“Ma è presto!”
Brontolò lei, Raine rimase però irremovibile e anche quando volse lo sguardo verso Laguna non ebbe una risposta positiva, quindi si avviò sbuffando verso camera sua.
“Tu non sei stanco?”
Gli chiese lei, cominciando a rimettere a posto le sedie. Laguna si era sempre chiesto come faceva a chiederglielo, secondo lui sarebbe stata lei a dover essere stanca, ma Raine era una donna di campagna e la sua resistenza alla fatica era davvero eccezionale.
“No, non sono stanco… Senti…”
Cominciò e lei si voltò a guardarlo. Laguna cercò di ignorare il dolore alla gamba.
“Ti piacciono i fiori, non è vero?”
Chiese lui, l’imbarazzo che gli arrossava le guancie e gli impastava la voce. Lei annuì e lo guardò, curiosa, quindi aprì la porta, invitandolo a seguirla fuori.
Attraversarono il villaggio, giungendo su un prato, dove lei si sedette e gli fece segno di fare altrettanto.
Laguna la imitò, sentendo l’erba fresca solleticargli le gambe e strinse leggermente le dita sul bouquet che continuava a tenere nascosto dietro la schiena.
O adesso o mai più.
Si disse, tirandolo fuori e porgendoglielo, per la prima volta senza parole. Lei sorrise e lo abbracciò, intrecciando le proprie dita con quelle del giovane.
Laguna spostò lo sguardo verso le stelle, ma questa volta gli sembrarono meno luminose della donna che aveva a fianco e della bambina che dormiva tranquilla in camera sua, ignara che il desiderio che aveva più volte espresso stesse cominciando ad avverarsi.
Raine ed Ellione, le sue stelle, che brillavano per lui, al suo fianco per sempre.
“Raine…”
La voce gli uscì in un sussurro.
“Le stelle più belle siete tu ed Elli ed io mi sento dispiaciuto per coloro che non possono vedere la vostra luce.”
Disse solo quelle parole, poi lei lo abbracciò e lo baciò dolcemente sulle labbra, quel che sarebbe accaduto dopo ormai era storia.

“Parlarti di Raine, eh?”
Laguna sentì scendere dai suoi occhi due lacrime calde e salate.
“Che posso dirti Elli, io la amo, è la donna più speciale che io abbia mai conosciuto.”
Rispose soltanto, stringendole la mano ormai adulta, non più bisognosa della sua protezione.
“Le vedi le stelle, Elli?”
Le chiese, e lei annuì.
“Io non riesco più a vederne una…”
Sospirò lui.
“E penso che anche il cielo sia vedovo al mio pari, privato di quella luce, ma l’altra stella più luminosa, per mia fortuna è ancora qui, al mio fianco, e mi permette di vedere tutte le altre.”
Concluse infine, guardando la sua figlia adottiva, la sua bambina.