Yuna osservò l’ennesimo albero in fiore che sorpassavano: la via che stavano percorrendo era davvero meravigliosa, immersa nella natura più rigogliosa che lei avesse mai visto.
Non che ne avesse viste molte: prima di allora, non aveva mai viaggiato: era una magra consolazione vedere tutto ciò che il suo mondo le poteva offrire prima di morire.
“Ehi Yuna, ti piacciono questi alberi?”
Eccolo di nuovo: lo aveva rifatto.
Si girò lentamente, con il solito sorriso di circostanza stampato in faccia, verso il suo guardiano biondo.
”Sì, sono bellissimi.” rispose cordiale.
“Sono d’accordo con te! Aspetta, ti prendo qualche fiore!”
Una risata, spontanea, la scosse per un attimo.
Era davvero strano Tidus: a prima vista sembrava un’esuberante ragazzino intento solo a divertirsi e allenarsi, incapace di capire o affrontare qualsiasi cosa appena più seria di una partita di Blitzball.
Ma alla fine, l’unico che comprendeva sempre il suo stato d’animo era lui.
Non si faceva incantare dai suoi sorrisi e dalle sue parole gentili, nonostante Yuna fosse un’abile mentitrice: in fondo, era l’unica cosa oltre la preghiera che le era stata insegnata.
“Sarai la Grande Invocatrice, viaggerai in pellegrinaggio per tutto il mondo: devi essere sempre cordiale e disponibile, quando crescerai sarai un idolo per tutti! Lascia da parte i tuoi problemi, devi apparire sempre forte e magnanima.”
Ricordava che quando il maestro le ripeteva quel mantra non si riusciva a trattenere dal pensare che fosse un concetto assolutamente idiota: ma alla fine aveva dovuto impararlo, e aveva sempre pensato che le sarebbe bastato così.
In un qualche modo, se escludeva il motivo di quel suo comportamento, il sapere di essere ammirata per caratteristiche così positive la lusingava.
Certo, i suoi guardiani erano diversi. Auron ogni tanto le rivolgeva qualche parola per accertarsi che stesse bene e si congedava sempre con un cenno a suo modo incoraggiante; Lulu era quella che più si avvicinava ad una madre per lei, e le permetteva di esprimersi più o meno liberamente e ricevere sempre consigli utili, anche se le loro conversazioni vertevano quasi sempre sul pellegrinaggio; Rikku con la sua natura esuberante la metteva sempre di buon umore, così come Wakka; e infine Kimari era rassicurante, sempre alle sue spalle pronto a difenderla.
Eppure, non si era mai scoperta completamente, con nessuno di loro: e d’altra parte, nessuno di loro si era accorto che c’era qualcos’altro oltre i suoi sorrisi e le sue parole tranquillizzanti.
Nessuno tranne Tidus.
E Yuna si era ritrovata a pensare che non era così male essere scoperta: non si sarebbe molto probabilmente ancora mostrata completamente a lui, ma non ne sentiva nemmeno il bisogno, almeno per quel momento.
Perché lui era in grado di vedere oltre le sue consuetudini e le difese che l’avevano obbligata ad erigere per portare a termine con successo la sua missione: e a volte era davvero gratificante.
In quelle giornate passate a trapassare i troppi innocenti morti per mano di un mostro, a sanare lotte intestine tra varie città per assicurare un esercito unito, a predicare valori che sapeva non sarebbero stati rispettati, o che lei stessa non capiva e in cui non credeva, vedere il suo sguardo ostinato fissarla con cipiglio severo, come ad ammonirla di non stancarsi e di essere sincera, era l’unica cosa che le ricordava che in quel corpo manovrato da poteri più grandi di lei c’era ancora qualcuno, una piccola luce che lottava per uscire e mostrarsi.
Molto probabilmente quello era un male: perché quando mesi dopo si sarebbero trovati allo scontro finale, sarebbe stato ancora più difficile eseguire il rito che l’avrebbe portata alla morte nel bel mezzo della battaglia.
Ma, quando si trovò un bouquet di fiori profumati sotto il naso retti dalla forte mano di un Tidus sorridente, e alzando gli occhi vide i volti felici, curiosi, materni o divertiti dei suoi guardiani, pensò che in fondo non c’era niente di male a concedersi una piccola libertà e farsi travolgere da quei sentimenti che costantemente le persone a lei più vicine tentavano di scagliargli contro, per raggiungere il suo cuore congelato da troppo ormai.
Il tempo c’era ancora, e non valeva la pena sprecarlo: e poi, erano i suoi ultimi istanti, tanto valeva viverli come voleva.
Alle conseguenze, ci avrebbe pensato poi, insieme ai suoi amici.