[Fan Fiction] Seasons : Autunno

Yuna uscì fuori dalla sua casa, guardandosi intorno: inspirò l’aria fresca e chiuse gli occhi lasciando che il vento leggero le scompigliasse appena i capelli.
Quando li riaprì, un sorriso spontaneo le nacque sulla bocca: Besaid le era sempre piaciuta.
Pur essendo molto piccola, era piena di allegria: ragazzini che correvano, adulti che uscivano ed entravano dal tempio, mai un pianto, un muso lungo o qualcuno di fretta.
Ognuno aveva un bel sorriso stampato sulle labbra e sempre un po’ di tempo per fermarsi a salutare o fare quattro chiacchiere: per questo aveva deciso di tornare lì una volta finito tutto.
Guardò il terreno ai suoi piedi, contrariata: aveva giurato di pensarci il meno possibile.
Circa un anno prima aveva combattuto Sin con i suoi guardiani: nonostante sperasse il contrario, arrivata faccia a faccia con il nemico era stata sicura per gran parte della battaglia che non ce l’avrebbe fatta.
Sin era troppo potente, come avrebbero potuto salvare Spira senza l’invocazione che, però, avrebbe richiesto il suo sacrificio?
Eppure ce l’avevano fatta: il nemico era stato sconfitto.
Yuna gli aveva concesso il riposo eterno eseguendo sul momento il rito del trapasso: se si fosse venuto a sapere, probabilmente molti avrebbero contestato la sua scelta.
Ma lei era del parere che l’aldilà non si sarebbe dovuto negare a nessuno, nemmeno all’assassino di milioni di vite: in fondo, alla fine, si era pentito.
E così tutto sembrava finito: ma terminato il rito del trapasso, aveva scoperto che il prezzo per quella vittoria era più elevato di quel che pensava.
Quando si era voltata verso di lui, felice, aveva visto qualcosa alla quale avrebbe preferito di gran lunga la sua morte: stava scomparendo, lo provavano le mani quasi trasparenti che esterrefatto si guardava.
Come se avesse sentito il suo sguardo, anche lui si era girato: e quando i loro occhi si erano incrociati, Yuna aveva compreso che doveva andare…e, soprattutto, che non avrebbe fatto nulla per restare.
Non perché non volesse, ovvio, ma perché non poteva, e lo aveva accettato: ma lei no.
Aveva scosso la testa, cercando di negare a lui e a sé stessa l’evidenza: ma non era bastato.
Dopo un breve saluto, si era diretto a passo deciso verso il bordo dell’aeronave: lei lo aveva osservato, terrorizzata, e aveva preso la sua scelta, ancora.
Si era gettata correndo dietro di lui, decisa a raggiungerlo: quando si era voltato, richiamato dalle grida preoccupate degli altri guardiani, le aveva aperto le braccia, felice.
Ma lei non era riuscita a raggiungerlo.
In quei secondi interminabili, sdraiata sul suolo freddo del loro mezzo di trasporto, circondata dalle anime di tutte le vittime di Sin, Yuna aveva per la prima volta desiderato ardentemente di aver compiuto quel rito: probabilmente se gli altri lo avessero saputo, le avrebbero dato della sciocca.
Anche se lei fosse morta, Tidus se ne sarebbe dovuto andare lo stesso: lui non apparteneva a quel mondo, ma alla Zanarkand di mille anni prima, una città che Yuna poteva solo immaginare e sognare.
Rialzatasi, aveva provato il tutto per tutto: prima di vederlo andare via, voleva almeno confessargli ciò che provava, e l’aveva fatto.
Dopo poco si era sentita finalmente stringere da quelle braccia: ma era durato tutto solo qualche secondo, e poi lui era scomparso.
I mesi seguenti erano stati un vero inferno: non si era data per vinta, aveva tentato ancora di trovarlo, aveva fischiato osservando il mare da ogni porto che aveva visitato lungo il suo ritorno a casa, i guardiani in silenzio dietro di lei che avevano abbandonato il gruppo mano mano che erano tornati nei loro luoghi d’origine.
Ma poi, aveva dovuto accettare la realtà: l’aveva fatto quando si era trovata davanti Basaid, molte prediche e miglia dopo quella terribile battaglia.
Sospirò, rialzando lo sguardo e puntandolo al cielo sereno: era inutile pensarci, ormai era troppo tardi.
Tidus era di nuovo nella sua città, probabilmente felice come al solito: lei si doveva solo mettere il cuore in pace ed essere altrettanto felice per lui.
Si soffermò così tanto ad immaginare la vita che in quel momento stava conducendo il suo ex guardiano, che si accorse a malapena della voce sempre più vicina che la chiamava con insistenza: solo quando si ritrovò una Rikku stremata che riprendeva fiato di fronte a lei si riprese, sbattendo le palpebre e guardandola sorpresa, in silenzio.
“Ma a cosa diavolo stavi pensando? Sono secoli che ti chiamo!” disse la ragazza una volta che si fu ripresa.
“Tu cosa ci fai qui?” chiese Yuna, ancora incredula.
Rikku le rispose con un largo sorriso: “Sono venuta a trovarti ovviamente! E ti ho anche portato un regalino” aggiunse, porgendole una piccola sfera.
Yuna la prese, guardandola sospettosa: entrò in casa, seguita dall’amica, e preparò tutti gli strumenti necessari per vedere le immagini registrate in quel piccolo oggetto.
Quando il video iniziò, trattenne il respiro: non era possibile…non poteva essere lui.
Sentiva che non sarebbe mai potuto essere tornato indietro, ma l’incredibile somiglianza con il ragazzo davanti a lei che urlava contro l’autore della ripresa era inequivocabile: doveva vederci chiaro.
“Allora, cosa ne pensi?” chiese Rikku con gli occhi accesi dalla gioia.
Yuna la osservò per un attimo, poi si alzò e rispose solo: “Andiamo.”

Mesi dopo, l’aeronave dei Gabbiani sfrecciava a tutta velocità nel cielo.
“Fratello, più forte!” gridava Yuna, correndo poi verso l’ascensore per andare all’uscita della nave.
“Tranquilla Yunie, ce la faremo!” le urlava dietro Rikku, reggendosi al suo sedile per l’eccessiva velocità.
Quando la nave si arrestò violentemente davanti ad una spiaggia, subito Yuna schiacciò impaziente il pulsante per far aprire la portiera ben sbarrata davanti a lei.
Come vide uno spiraglio di luce, un sorriso le spuntò sulla labbra: appena il mare e la piccola spiaggia di Basaid apparvero di fronte a lei, si lanciò giù per la rampa dell’aeronave e iniziò a correre verso quella figura tanto familiare che spaesata la osservava.
Si lanciò tra le sue braccia, che subito si richiusero intorno a lei: non seppe dire quanto tempo stettero in quella posizione, stretti l’uno all’altra in mezzo al mare, ma non le importava.
Quando si separarono e poté finalmente rincontrare i suoi occhi, un solo pensiero le attraversò la mente prima che la gioia di averlo ritrovato la invadesse completamente: finalmente, il suo viaggio si era concluso.


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