[Fan Fiction] The Ultimate Weapon : Capitolo 20

“Ladieeeees and gentlemann, vi lascio senza ulteriori aggiunte a questo ennesimo, importante capitolo… l’ultimo!


Gidan era stato posto in una sorta di enorme vasca di metallo verticale con un vetro trasparente, immerso in una sorta di liquido di cura e collegato a un respiratore, simile a quello dove si testavano e si controllavano i corpi e i valori dei jenoma che aveva visto a Branbal. Stavolta però si trovava al villaggio dei maghi neri, dove certe strutture tipiche di Tera erano state ricostruite dai nuovi venuti, seppur in dimensione ridotta, insieme ai maghi: e quel centro di cura era uno di questi. Mikoto non volle correre rischi: decise di togliere dal corpo del fratello ogni possibile traccia della presenza di Trivia, anche se forse l’incremento della forza era già avvenuto, com’era successo al soldato precedente impossessato dal semidio malvagio.

«Sul serio, sto bene…» mugolò lui da dentro la maschera.

«Questo lascialo decidere a me. Mancano ancora dieci minuti, poi potrai uscire.» rispose la sorella laconica leggendo su un macchinario i valori di reazione alla cura. Il Tantarus sbuffando creò un sacco di bolle che lo fecero quasi sparire alla vista dei presenti, cioè Daga, Eiko, Freija, Quina, Blank, Amarant, Steiner, Beatrix, Quera, Flatrey e alcuni maghi neri di vecchia conoscenza. Molti di loro non erano morti, quasi come se la totale scomparsa della nebbia e dell’albero di Lifa gli avesse giovato. I nuovi venuti, Lylith e Zerxex, aspettavano fuori dal villaggio. Gidan risultava in forma fisica e in salute perfetta: le tracce del vecchio coma magico erano scomparse del tutto, il sangue non presentava irregolarità, il corpo era incredibilmente più forte e con una nuova potenza magica non indifferente; soprattutto, il cervello non era danneggiato dal controllo di Trivia, anche Gidan se ricordava al massimo sprazzi di ciò che il suo corpo aveva fatto prima di essere riuscito a riprenderne il controllo. L’acqua curativa venne scaricata, e il Tantarus nudo all’interno chiese:

«Potreste uscire grazie, così mi cambio?»

Tutti uscirono. Anche Garnet stava per farlo, ma il ragazzo la bloccò afferrandole il braccio e tirandosela a se. Erano passati sì e no tre mesi dall’ultima volta in cui si erano visti, ma per entrambi sembravano due o tre secoli. Si abbracciarono a lungo, senza parlare ne fiatare: solo Daga ogni tanto sussultava per evitare di piangere. Ma era abbastanza chiaro, e si vedeva, che Gidan non volesse fermarsi all’abbraccio. Cominciò a baciare voluttuosamente il collo della ragazza e tra un bacio e l’altro disse:

«Potremo controllare se mi sono … completamente ristabilito…»

«No…dai…non…» cercò di fermarlo Garnet, anche se gli sarebbe alquanto piaciuto continuare. «Oh, nessuno oserà entrare, sono molto perspicaci specie Beatrix. Sono ormai tre mesi che non stiamo insieme e vorrei recuperare…» oltre che con le labbra e con la lingua, Gidan passò all’azione con le sue mani da ladro, toccando in posti dove non poteva esserci nulla da rubare. Trattenendo un gemito che voleva dire l’esatto contrario, Daga continuò:

«Sul serio…non possiamo…»

«Cos’è non ti va?» disse Gidan, staccando la testa dal corpo di lei, che aveva iniziato a spogliare, quasi curioso.

«No, mi andrebbe, solo che…»

«E allora, diamoci dentro!» disse riprendendo le attività: sembrava perdere la testa al solo tastare le curve della ragazza. Quest’ultima però tentando di non sembrare né troppo rude né troppo accondiscendente, si staccò da lui dicendo tutto di un fiato:

«Non ti sopporto quando fai così! Non è che non voglio farlo, un motivo c’è: sono incinta!»

Gidan si bloccò nei movimenti, e rimase così. Daga si girò di scatto, dandogli le spalle, e cercando di ricomporsi continuò a parlare:

«È successo tutto così in fretta… me ne sono resa conto il giorno prima di venire a combattere contro di te… cioè, contro Trivia. Non sapevo davvero cosa pensare…»

Gidan rimaneva così: bloccato.

«Ero felice, ma al contempo… non lo so… ancora non sapevo se era possibile liberarti da quel bruto senza ucciderti. Di solito quando succede una cosa così importante, uno ne discute, ma con te in quello stato…»

E Gidan rimaneva così: bloccato.

«Speravo davvero che ti salvassi, non volevo neanche partecipare alla missione per paura che poteva succedere qualcosa al bambino. Se non mi avesse convinto Hades…» continuò Daga, senza freni pensando che il ragazzo volesse farla sfogare. In realtà Gidan rimaneva così: bloccato.

«Potremo stare insieme sì…ma preferisco prima fare questa cosa. E voglio che tu rimanga al mio fianco.» e dicendo quest’ultima frase si voltò. E rimase interdetta: vide Gidan immobile, ancora nella posa in cui era mentre la teneva abbracciata, con la faccia pallida e gli occhi sgranati. Bloccato, appunto. Rimasero in silenzio per diverso tempo, sullo sfondo ripassò il corvo di prima facendo il suo solito “cra-cra”. Poi Daga si avvicinò:

«Ehm…Gidan?» chiese. Ma rimaneva bloccato. Poi vedendo che l’angolo destro della sua bocca si piegava ritmicamente verso l’alto pensava stesse per dire qualcosa. Invece non disse nulla. Pensando che fosse caduto in una sorta di paralisi, lo toccò leggermente sulla spalla con la punta di un dito. E Gidan crollò a terra, facendo un rumore tutt’altro diverso da quello di un corpo caduto: ricordava di più l’armatura di Steiner.

«C-c-c-chi è…i-i-l p-p-padr-re…?» chiese la sua voce, non lui di persona, che sembrava venisse dall’oltretomba.

«Scemo!» le rispose solamente Daga dandogli un calcio all’inguine, facendolo d’improvviso risorgere. Dopo aver capito che per qualche tempo forse non ci sarebbe stata trippa per gatti, si fece spiegare dalla ragazza il perché e il percome. Non riusciva a crederci: lui, Gidan Tribal, ladro di media categoria, combattente niente male, jenoma destinato a distruggere il mondo, cosa che stava involontariamente per fare, idolo di migliaia e migliaia di fan in tutto il mondo stava per diventare…padre?! In linea di massima, un’altra creatura con il suo sangue e quello di Daga, avrebbe calcato Gaya e l’avrebbe visto crescere. L’avrebbe fatto crescere: gli avrebbe donato l’infanzia e i ricordi che lui non aveva mai avuto; gli avrebbe parlato di come aveva conosciuto la madre, e delle avventure che avevano fatto insieme, per metterlo a dormire la sera; gli avrebbe insegnato a cavalcare il chocobo, magari. È così che fanno i padri, no? Lui non lo sapeva. Qualche mese dopo, quasi sicuramente con il figlio già nato, avrebbe compiuto ventuno anni. E sarebbe divenuto re di una nazione. Non sarà stato troppo giovane per entrambe? Mentre cercava con fatica di alzarsi con la testa che gli girava all’inverosimile per tante domande, venne colpito in viso da un fagotto contenente i suoi vestiti.

«Forza, vèstiti così possiamo parlare tutti insieme. Abbiamo appuntamento nella casa di Mikoto. Non sei un bel vedere così messo, dopotutto…» cercò di sdrammatizzare Daga.

«Quattro mesi fa non la pensasti così…» sorrise Gidan che ancora non aveva smaltito la carica di testosterone. Ma provvide Garnet a fargliela passare con un calcio volante. “Devono essere gli ormoni” pensò il jenoma, più morto che vivo.

Dopo qualche minuto, Gidan uscì dalla camera di cura e chiese a Daga di avviarsi: prima voleva indulgere in una cosa che non faceva da tanto tempo. Passò attraverso il villaggio dei maghi neri, composto da capanne di paglia e mattoni cotti ed edifici metallici di strane forme, ma la sua struttura base rimaneva la stessa. Passando oltre la locanda e a sinistra dell’officina “Gatto nero” arrivò al punto desiderato: la tomba di Vivi. Il cimitero era un piccolo campo spoglio in cui vi erano diverse stecche di legno che sormontavano i cumuli di terra dove erano sotterrati i maghi, con scritto il numero e la data di morte. Quella di Vivi era riconoscibilissima: era l’unica in cui era stato affisso oltre che la data di morte il nome, che ovviamente gli altri maghi non avevano, e inchiodato alla stecca di legno c’era il suo bastone magico. Era stato posto al centro del cimitero e nonostante i compagni non volessero che la tomba dell’amico fosse più lussuosa degli altri maghi, gli abitanti del villaggio la curavano in ogni particolarità, cambiandone i fiori e tenendo sempre un lume magico acceso sotto la “lapide” di legno. Una volta arrivato, Gidan si sedette vicino al cumulo di terra e cominciò a parlare mentalmente con il suo piccolo amico:

«Ehi Vivi, eccomi di nuovo qua. Lo so, lo so, è passato quasi un anno dalla mia ultima visita, ma ci sono stati davvero tanti problemi. Forse tu già lo sai. Ma sono venuto a dirti che ora non mi farò più coinvolgere in problemi del genere: la mia continua ricerca di avventure mi ha precluso l’affetto delle persone a cui voglio bene, facendole soffrire. Ricordo quanto ti facesse soffrire il fatto che le persone intorno a te stessero male per le tragedie che gli succedevano, tragedie causate dalla tua gente, e ricordo quanto ti colpevolizzavi di ciò. Se fossi stato un minimo come te, forse adesso non mi ritroverei in questa situazione. Da un canto penso che se quella spada fosse rimasta sotto il mare per altri secoli forse nessuno se ne sarebbe accorto, e se Trivia si sarebbe ugualmente manifestato, non avrebbe avuto uno strumento di morte di quel genere in mano. E se fossi rimasto con Daga… non avrebbe affrontato la notizia di essere incinta da sola. Quando l’ho sentito dire dalle sue labbra sono rimasto pietrificato, tuttora non mi sento ancora ristabilito. È stata più questa notizia che rimanere sotto il controllo di Trivia ad avermi colpito. Ma ora che ci ragiono, ho capito che nessuna gioia più grande può avere un uomo di ricevere un figlio dalla donna che ama. Gli farò conoscere i tuoi “figli” sai? A proposito, stanno tutti bene si stanno già imprati-chendo nell’arte magica e ora ce l’hanno tantissimo con Mikoto e con Eiko per non avergli detto della rinascita di Trivia: dicono che avrebbero combattuto anche loro. In questo sono totalmente diversi da te. Non che siano precipitosi o attaccabrighe, forse hanno quella sicurezza nelle loro possibilità che a te, come a me mancava. Ma ora, credo che questa esperienza ci abbia cambiato in meglio. E stai sicuro che tutti pensiamo ancora a te, e ci manchi incredibilmente. Io forse ti avrò insegnato tanto, ma tu hai spinto me ad andare avanti, e per questo ti sarò sempre grato. Domani avrò una grande battaglia insieme a tutti gli altri, e spero sia l’ultima. Spero che ci sarai anche tu. Ciao Vivi.»

Si alzò e si terse gli occhi diventati lucidi, come ogni volta che veniva li. Poi si diresse verso il luogo dell’incontro.

In casa di Mikoto c’era un piccolo tavolo ovale, tutto blu uguale alle pareti: il pavimento era di legno e di un colore indecifrabile, una sorta di verde palude. Non aveva effettivamente buon gusto, ma di questo i presenti non si preoccuparono.

«Dunque, da quello che mi ricordo» cominciò Gidan «ogni tanto Trivia perdeva temporaneamente il controllo che aveva su di me: capitava come in un sogno, di trovarmi in una sorta di cella enorme tutta bluastra e di essere bloccato da delle maniglie. Poi lo vedevo. Cercavo inutilmente di indurlo all’errore, di far breccia nella sua coscienza riuscendo a riprendere il controllo. Fu allora che mi resi conto del suo legame con l’Ultima: in ultima analisi, lui è riuscito ad impossessarsi del mio corpo uno, per via della contaminazione che avevo nel sangue, due, per via dell’Ultima che avevo usato per trafiggerlo. L’arma è stata costruita per lui e per manipolare le anime: invece di infliggergli danno la spada gli ha dato linfa vitale e abbastanza potere da riuscire ad “entrare” nella mia testa e nel mio corpo, tramite un taglio che avevo sul braccio. Credo che gli sprazzi di coscienza che avevo, e l’ho sentito dire da Hades, erano dovuti alla scheggiatura che gli avevo fatto lanciandola contro Trivia. A parte questi, non ricordo nulla di ciò che facevo, mi capitava ogni tanto di vedere cosa avevo di fronte. L’ultima volta che lo vidi, mi sembrava di notare che le maniglie erano più deboli che prima, e non persi conoscenza. Mi concentrai e mi concentrai, fino a riottenere la vista e almeno la volontà delle mie azioni. E così ho visto Daga, e grazie a lei e a voi che mi sono liberato.» e dicendo questo gli prese la mano e lei ricambiò la presa guardandolo sorridente. I presenti cercarono di distogliere con un po’ d’imbarazzo lo sguardo dai due. L’unico problema è che rimasero a guardarsi sognanti per diverso tempo prima che Blank disse:

«Ehi, innamorati, potreste scendere dalla luna e tornare con noi?»

«Eh?! Ah, si scusate.» dissero entrambi contemporaneamente arrossendo. Se l’amico non fosse intervenuto, avrebbero incominciato a fare le fusa come i gatti. «Concludendo (!), ho capito una cosa: Trivia era un originario di Tera, uno di quelli che dormiva aspettando la fusione dei due pianeti. Per un qualche motivo però, lui non dormiva e per questo non aveva un’anima sua. Divenne aiutante di Garland quando questi capì il flusso delle anime e capì come usarlo per far rinascere Tera. Trivia però grazie ad alcuni appunti del chiamiamolo maestro, capì la natura dei ricordi che esistono nel mondo etereo che abbiamo visto anche noi, e che tramite esso si può arrivare all’origine di tutto: il Mondo di Cristallo. Nonostante pensasse di agire su questi ultimi per cambiare il passato e far rivivere la sua gente, Garland invece voleva continuare con la sua opera di distruzione su Gaya. E allora, pensò di manipolare il flusso delle anime alla radice di quello che pensava fosse la sciagura di Tera, un tale dio oscuro. Capì che i due mondi erano collegati dall’Isola Splendente, e quando arrivò Hades combatterono insieme contro Chaos con le loro armi basate sul flusso: poi Trivia comprese che voleva quel potere per sé e ciò lo trasformò nella creatura che conosciamo noi. Non comprendo perché fece questa scelta, ma ciò lo portò addi-rittura a pensare di essere il dio del nulla e della morte, e che questo ci avrebbe salvato. Se lo sconfiggiamo, porteremo a termine questa storia, insieme alla sua sofferenza.»

I presenti iniziarono un applauso spontaneo per il loro “leader”, quando con un gran baccano entrò in casa Hades:

«Stavate parlando di me? No? Vabeh, uguale. Dunque Gidan, posso dire con orgoglio che ho rimodellato l’Ultima per il tuo utilizzo personale: ho utilizzato come catalizzatore il frammento della spada originale. Ormai è diversissima dall’arma che era un tempo. Le attrezzature dei maghi e dei jenoma sono ottime!»

«Hai intenzione di usare ancora quell’arma?» chiese meravigliato Steiner.

«Ma se a momenti è per colpa sua che hai rischiato di morire!» rincarò Eiko.

«Buoni, buoni.» calmò le acque Hades «In realtà la presenza di Trivia, come il potere che la spada aveva di farlo diventare più forte e di manipolare il flusso delle anime, è completamente sparito. Ho usato il frammento di quella originale perché non vorrei che sdoppiandola abbia ridotto il suo potere.»

«Sdoppiandola?!» saltò in piedi Gidan a sentire quel verbo. Le armi a doppia lama erano la sua passione seconda solo alle daghe, e ovviamente a Daga (“ok, questo gioco di parole potevo risparmiarmelo…” N.d.A.). Il fabbro fantomatico lo guidò verso il retro dell’officina Gatto Nero, dove i maghi neri e i jenoma più forti erano seduti sfiancati dal lavoro massacrante di 48 ore a cui il professionista della metallurgia li aveva sottoposti. Su un ripiano di pietra lavica vi era un telo bianco su cui sotto s’intravedeva la sagoma dell’arma doppia.

«A te l’onore.» fece Hades con una punta di orgoglio.

Gidan sollevò il lenzuolo e rimase folgorato da ciò che vide. L’arma ricordava l’Ultima solo per il colore azzurro intenso, quasi blu, che avevano le due lame: erano più corte e più larghe di quelle della spada originale e sulle else vi erano applicate delle decorazioni dorate a forma di sole raggiante; il manico era di lunghezza perfetta e con forme ergonomiche fatte apposta per le dita e le mani del Tantarus; al centro delle decorazioni a forma di sole vi erano due sfere entrambe rosse: in una riluceva la granata che era stata applicata nella vecchia daga di Gidan e a cui venne legato il sangue di Garnet, e nell’altra il vecchio frammento dell’Ultima con il suo sangue. Quando la prese in mano, provò delle sensazioni totalmente diverse da quando aveva impugnato l’Ultima: era un misto di forza, di coraggio ma anche di gentilezza e amore.

«Vi ho messo anche il sangue di Daga per via del vostro legame. Dice che non vuole potenziare la sua “Pinna di balena” perché sostiene che le basti il Sidereo che gli ho saldato quattro anni fa. Sono sicuro che te ne sarai accorto.»

«Già… non vedo l’ora di usarla. Ah, vorrei cambiarle il nome.»

«In?» chiese il fabbro.

«In “Ultima Weapon”. Non è solamente la tua ultima creazione: è anche la più potente arma del mondo, non solo per la sua potenza ma perché insieme vi sono la mia forza e la mia gentilezza, e il coraggio e l’amore di Daga. E dubito che ci sia arma più potente.»

Hades assentì con la testa a quest’analisi del suo nuovo cliente. Finalmente quella sua ultima e potente creazione era in mano ad una persona pura e buona, con le migliori qualità che un guerriero possa avere.

«Non vedo l’ora di provarla.» ripeté Gidan.

La mattinata seguente il gruppo si avviò verso l’abisso dei cristalli, dove sopra ancora lievitava il palazzo monco di Zerxex. Il re aveva deciso di accompagnarli poiché aveva intuito che le creazioni di Trivia non si basavano solo sui draghi e ai mostri della “nebbia”, e che molto probabilmente sarebbe riuscito a creare qualcosa di più potente, poiché gli aveva confidato che dopo aver ottenuto vendetta, avrebbe sparso morte e distruzione, con un nuovo esercito di mostri. Infatti ci prese: l’intero altopiano era ora popolato da migliaia di Behemoth e Thythan. Nonostante l’esercito di Zerxex contava intorno ai cinquemila uomini, gli enormi mostri erano parecchi di più. A guidare i nuovi alleati vi erano i nostri: Beatrix, Eiko, Amarant, Quina, Steiner, Freija, Daga, e di fronte a tutti Gidan con la sua Ultima Weapon. Lo schieramento umano si fermò di fronte a quello mostruoso. Da quest’ultimo uscì un Thythan un po’ più grosso degli altri e stranamente dorato che si avvicinò verso Gidan, che lo imitò: il mostro e il Tantarus erano vicinissimi, guardandosi e comunicando con un linguaggio molto più profondo di quello parlato. Dopo qualche secondo il Thythan sferrò il suo classico colpo verticale con l’enorme machete che impattando col nemico sollevò una nube di polvere. I mostri esultarono per il colpo andato a segno, ma i compagni di Gidan se la sghignazzavano: il ragazzo infatti aveva parato con una mano sola il colpo e teneva ferma l’arma grossa il triplo di lui, come se tenesse in mano un pezzo di pane. Con un veloce scattò la troncò in due e la scagliò contro il nemico trapassandolo, uccidendo diversi mostri che erano dietro. Con un’insieme di urla e versi terrificanti l’orda caricò e così anche gli uomini di Zerxex. Le tecniche dei guerrieri erano precisissime e sembravano non curarsi dei mostri ben più grandi di loro, ma ci voleva davvero parecchio tempo per ucciderli, e molti di loro caddero. Anche il gruppo dei nostri amici sentiva il peso di quell’attacco spropositato in massa e riuscirono a resistere solo grazie alle cure di Eiko e di Daga che non riuscivano ad evocare. L’unico che sembrava non avvertire fatica né tantomeno dolore, era Gidan: con le sue doppie lame falciava e deviava ogni colpo e ogni morso dei Thythan e dei Behemoth uccidendoli con colpi singoli e letali. Si muoveva rapidissimo saltando spesso sopra e sotto i nemici che tentavano inutilmente di colpirlo e aveva una faccia divertita come non mai. Da solo si stava lentamente creando un varco lasciandosi dietro i compagni. Quando se ne avvide, saltò sopra un gigante di ferro e facendo leva sulla testa fece un lunghissimo salto all’indietro salendo contemporaneamente di quota. Arrivato ad avere quasi completamente la vista del campo di battaglia urlò:

«Ragazzi, a terra!»

Anche se riluttanti i soldati di Zerxex, Daga e gli altri si abbassarono a livello del suolo. Gidan piegò il braccio destro all’altezza dell’orecchio sinistro e strinse la mano caricando il colpo: la mano che teneva l’Ultima Weapon cominciò a ruotarla abilmente, finché la luce rossa dei due catalizzatori investì gli orli delle lame. Gidan rilasciò il braccio verso i nemici e dalla doppia spada partì un’enorme cerchio che impattando contro i mostri li immobilizzò: approfittando di questo, ricadde levitando verso di loro falciandoli ripetutamente in tutte le direzioni rilasciando le sue classiche esplosioni violacee, facendone strage. I pochi mostri che non erano stati uccisi dall’attacco vennero isolati ai lati del territorio verso il mare da Zerxex e i suoi uomini, lasciando un largo corridoio che andava dritto l’Abisso dei Cristalli. Gidan con le sue solite capriole atterrò spettacolarmente a terra alzando il pugno in segno di vittoria al di sopra della testa, piegandolo leggermente. Di fronte a lui c’erano Eiko e gli altri, che lo guardavano sbalorditi: persino Amarant era sorpreso dall’immenso potere dell’amico-rivale. Daga di fronte a tutti sorrideva gioiosa di fronte al miracoloso recupero del ragazzo e riuscì a dire solo una cosa che gli aveva detto altre massimo due volte:

«…ti amo.»

«Eh, lo so. Avanti, abbiamo un dio malvagio da prendere a calci nel sedere!» e cominciando a correre arrivarono insieme sotto il palazzo rudere che volteggiava minaccioso sui cristalli, che continuavano a trasmettere la loro energia all’interno della struttura, e stavano ormai per diventare tutti grigi. Improvvisamente cominciò a tremare e ad avvilupparsi del ormai conosciuto blu scuro di Trivia: la struttura fisica stessa di quella pietra e di quei mattoni, cambiò radicalmente ed assunse la mostruosa forma del semidio che pareva avesse perso le sembianze spettacolari e autoritarie di un tempo: le braccia conserte erano allargate con dei lunghi tentacoli che partivano dalle dita, quella sorta di aurora girevole era spezzata in più parti e formava un collare, le forme mostruose sembravano delle ali di pipistrello, il fisico quasi umano era sconvolto da profondi solchi simili a cicatrici; il volto che sembrava nobile aveva entrambi gli occhi sbarrati, e la bocca con denti da vampiro digrignava versi irriconoscibili. L’intero corpo enorme si stava lentamente scomponendo sotto i loro occhi, e al suo centro vi era il Cristallo Originale Oscuro, ormai prossimo al completamento. Poi parlò, ma la voce era irriconoscibile:

«Creature mortali… ancora una volta siete riuscite a distogliermi dalla mia idea originale! Ma ora non potete far nulla! Tutti i cattivi ricordi verranno conglomerati qui dentro, e presto io ne farò parte e ricreerò il mondo senza vita né morte che desiderate! La luce non esisterà più, e il flusso delle anime verrà governato secondo ogni mio capriccio! Provate a distruggere questo cristallo nero se ne siete capaci!»

«È scoperto: un paio di magie possono tranquillamente distruggerlo.» disse a voce bassa Amarant indicando la spettrale gemma.

«Meglio di no. Anche se composto da energia negativa, è pur sempre una copia del cristallo originale: anche i brutti ricordi fanno parte del nostro presente. Se li cancelliamo rischiamo di far sparire tutto come minacciò Kuja, ricordate? È lui il nostro obiettivo, non facciamoci ingannare.» lo corresse Gidan.

«Ah!» esclamò beffardo Trivia «Avanti allora! Anche se mi avete estromesso dal corpo di Gidan, ho comunque ottenuto un potere che supera molto quello di quattro anni fa! Ora IO sono la vera incarnazione del male dell’universo! E ora libererò la mia rabbia su di voi!»

«’nvece, non farai gnente!» esclamò Quina attivando la “trance controllata”. Prese in mano la sua Gnamforchetta, e da essa evocò sotto il semidio, il suo kraken che con gli enormi tentacoli lo stritolò e lo mantenne fermo mentre con le ventose gli iniettava grosse quantità di veleno che lentamente paralizzava.

«Non basta tenermi fermo, per bloccare la mia forza!» insistette cercando di liberarsi. «Ora adesso assaggerai la mia!» esclamò Freija entrandovi anche lei. Dalla sua lancia “Baffo di Drago” prese forma lo spettro del drago nero Kokusho, che lanciò un enorme getto magico simile a delle fiamme che colpirono in pieno Trivia che incassò duramente il colpo. Anche stavolta, il Cristallo Nero venne risparmiato dagli attacchi.

«…neanche gli attacchi sacri possono farmi nulla! Come potete sconfiggermi?!» continuò nonostante il dolore il semidio, e sembrava stesse cominciando a liberarsi dalle enormi appendici del leviatano.

«Gli attacchi sacri, eh… che ne dici di provare anche quelli di elemento buio?» disse Amarant trasformandosi lentamente come se fosse la cosa più facile del mondo. I suoi artigli scattarono in avanti, e mettendo le braccia a croce, dal suo corpo si liberò una tempesta di lame bianche e nere che si andarono a conficcare nel corpo imprigionato di Trivia. Quelle bianche esplosero, e quelle nere si diffusero a macchia al suo interno aumentando il processo di decomposizione. Questa volta avvertì il colpo.

«Prima o poi mi libererò e proverete la vostra stessa medicina!»

«Provaci, oscuro individuo!» esclamò Steiner. Sguainando la sua spada “Laguna Rock” venne ricoperto da una singolare armatura orientale e iniziò a correre. Dietro di lui apparve la sagoma trasparente del guerriero Genji, che sferrò un colpo da lontano, e poi altri, comandato dall’attacco del cavaliere. Da ogni sciabolata partivano dei colpi invisibili che sembrava non toccassero il nemico. Quando lo spettro chiuse la spada nel fodero, sul corpo di Trivia comparirono sette squarci a formare una stella da cui uscì un liquido simile al catrame. Questa volta il malvagio urlò di dolore.

«Rovy! Attacca!» ordinò Eiko alla sua tigre illuminandosi di una luce gialla oro. Dalla bocca del felino fuoriuscì un fortissimo vento gelato che si compattò creando un’enorme “Blizzaga” che inglobò completamente l’enorme nemico. Disintegrandosi danneggiò ulteriormente la struttura molecolare di Trivia che ormai perdeva veri e propri pezzi di corpo: non era un bello spettacolo. Insieme a lui, anche il Cristallo Nero stava lentamente cedendo l’energia acquisita.

«Gli attacchi di un semplice spirito non possono farmi nulla!» mentì nuovamente.

«Ah no? Allora che ne dici di provarne l’attacco di due combinati insieme?» chiese Garnet beffarda entrando in quel bel costumino attillato. Dal cielo comparì improvvisamente un drago che sembrava di fatto la fusione del signore dei draghi Bahamuth, con Arka, l’eone meccanico. Le forme somigliavano di più a quelle del drago, ma era completamente ricoperto da placche metalliche con le singolari decorazioni del robot. Dai suoi occhi partirono due piccoli fari di luce che oltrepassarono il nemico e scrissero sul terreno un’enorme cerchio alchemico simile a quello dell’attacco di Arka: Neo-Bahamuth (così lo evocò la sciamana), spiegò le ali e si vedeva chiaramente che assorbiva parte dell’energia direttamente dal sole, e tale energia arrivava direttamente a conglomerarsi nella sua bocca. Vedendo tale spettacolo, Trivia provò un sentimento che non provava da secoli: fottuta paura. Il raggio partì e colpì in pieno il semidio e nello stesso momento il cerchio alchemico produsse la sua famosa esplosione rossa. Trivia quasi non si muoveva, il Cristallo nero stava sparendo, e quelli sottostanti stavano tornando alla normalità, ma occorreva il colpo di grazia. Gidan partì con l’azione concordata in precedenza: tutti si sarebbero elevati a diverse altezze per lanciarlo più meno dove si trovava la testa del semidio per ucciderlo. Ad iniziare il salto fu Quina che raccolse il Tantarus in piedi sul forchettone e prima di lanciarlo gli urlò:

«Corcalo de botte!»

E arrivò più o meno alla base del corpo del nemico quando vide Steiner sorretto dal corpicino volante di Eiko che a fatica lo teneva:

«Sarò sbrigativo, brigante: DIVIDI ET IMPERA!» gli disse spingendolo in alto, dopo che Gidan aveva fatto leva sulle sue mani messe a coppa. Eiko gli augurò buona fortuna dal basso. Arrivato più o meno alla “vita” di Trivia venne superato dall’immane salto di Freija che trasportava sulla schiena, con una forza muscolare invidiabile, l’enorme corpo di Amarant che staccatosi da lei diede la mano al compagno e gli disse insieme a Freija:

«Finiscilo e torniamo a casa. Ho gente che mi aspetta.» e lo lanciò ancora più in alto. Arrivato all’altezza del petto di Trivia vide Daga, tenuta in volo da due ali d’angelo, che ben si confacevano alla sua figura.

«Io ti ho aspettato, e tu sei arrivato. Vedi di atterrare sano e salvo: siamo in due ad aspettarti.»

Forse era meglio non ricordargli che stava per diventare padre. Il solo pensiero lo fece andare in paralisi come quella che lo colse il giorno prima. Ma prima di rendersene conto volò ancora, ma era ancora troppo in basso e stava ormai per ricadere giù. Quando pensava di aver fallito la manovra di gruppo, dai cristalli partì improvvisamente un faro abbagliante che inondò la sua figura e che lo oscurò alla vista dei presenti. In quella luce abbagliante vide delle scene familiari: vide se stesso reggere una manica di un vestito blu con un corpicino che era sul punto di cadere da un idrovolante in corsa; vide la stessa persona correre con gli occhi gialli sgranati per il villaggio dei maghi neri, suoi simili; lo vide poi spaventarsi dei suoi stessi poteri, e pensare al destino dei suoi simili e parlare con lui sul significato della sua vita. Alla fine di quel velocissimo caleidoscopio lo vide: ma non era un’immagine, un doppione, un miraggio. Era proprio Vivi quello che gli tendeva la mano. In quei due lunghi secondi prima che decidesse di prenderla, Gidan pensò che fossero passati anni ed era felice di passare di nuovo così tanto tempo con il suo piccolo grande amico. Lo sentì inspiegabilmente parlare:

«H-hai visto c-che sono venuto?»

Dopo averla presa, e ne provò il tatto inconfondibilmente, il piccolo mago lo issò delicatamente in alto e tramite la sua spinta lo fece volare. Gidan fece tutto quello che poteva per muoversi verso di lui, per poterlo di nuovo toccare e portarlo con sé, ma non riusciva a spostarsi di un millimetro.

«Io s-stò in cielo con il mio n-nonnino, n-non sono s-solo.» disse issando la testa, con uno volto che sembrava sorridere nella sua mancanza di tratti «Gidan, f-fa fuori quel brutto!» Quando la grande luce scomparve, il Tantarus si trovò di fronte al viso devastato dai colpi di Trivia, che fece un ultimo collegamento neurale con il suo vecchio organismo ospite: «Non avevo…alcuna scelta.» disse sconsolato e rassegnato all’imminente sconfitta. «Io invece ho fatto una scelta: ma non la dirò certo a te!» risponde caricando il colpo. Colpì con entrambe le lame dall’alto verso il basso: l’Ultima Weapon rilasciò un lampo di energia che divise a metà l’intero corpo del semidio, che esplose in uno spettacolare fuoco d’artificio. Gidan riatterò a terra con due salti e altrettante capriole, e venne immediatamente assalito dagli abbracci di tutti gli amici; a fatica riuscì a chiedergli:

«Avete visto qualcosa di strano?»

«In che senso?» chiesero di rimando.

«Quando sono stato investito dalla luce, cosa avete visto?»

«Ti abbiamo visto inspiegabilmente volare più in alto quando pensavamo che stavi per perdere la spinta.» rispose Daga «Perché?»

«No, nulla. Non riesco a spiegare cosa sia successo» mentì. Forse glielo avrebbe rivelato un giorno.

«Forse i ricordi ti hanno voluto dare una mano!» esclamò Eiko.

«Forse. Che ne dite di una “posa di vittoria”?»

E ancora una volta, la “Fanfara della vittoria” risuonò nelle orecchie dei vincitori.


“Piaciuto eh? A me invece è piaciuto così tanto… che ne scriverò un altro! Su, su non adiratevi, non avevo intenzione di far finire così banalmente la storia. Mi auguro dunque che mi seguiate anche nel prossimo capitolo, che posterò appena potrò! Niente anticipazioni, sorry!! Ed ora, passo alle risposte!

Psyker: come tu hai giustamente detto, forse ho fatto finire troppo velocemente la cosa, ma ho cercato di rendere un po’ di giustizia ad ambo i personaggi secondari. Entrambi sono stati ingannati da Trivia, e io avevo bisogno di una buona motivazione per immetterli anche in questo. Poi, per la super-mossa, beh forse mi sono un attimo trattenuto, ma credo che quella che ho messo in quest’ultimo ti piacerà di più! Mi aspetto una tua recensione!


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