[Fan Fiction] The Ultimate Weapon : Capitolo 9

“Oook, ve lo concedo, il precedente capitolo non è stato gran che, ma credo che questo sia meglio realizzato e che apra nuovi interrogativi sulla figura di Trivia. A proposito, da ora in avanti i capitoli saranno divisi in due parti: una dove narro le vicende di Daga e company, e una dove Erano passati dieci giorni da quando Daga era entrata nella sua stanza dopo lo scontro con Gidan posseduto da Trivia.


Da allora non era uscita, e non aveva aperto la porta a nessuno. Non riusciva a mangiare, e a malapena beveva l’acqua dei rubinetti del bagno contiguo, senza la quale sarebbe morta da un pezzo. In realtà a tenerla in vita e in forze era principalmente la magia bianca che gli scorreva nelle vene, la stessa che usava per far recuperare periodicamente un po’ di forze a un compagno. Se qualcuno l’avesse vista, l’avrebbe a malapena riconosciuta: aveva ancora indosso gli abiti regali, che erano sgualciti e rovinati; gli occhi erano rossi dal pianto, e circondati da profonde occhiaie per le lunghe ore di veglia e il viso rigato dalle tante lacrime che ormai non le sgorgavano più; i capelli lunghi sciolti erano ridotti male a tal punto che sembravano grigi. Fuori dalla stanza della regina, Beatrix era seduta per terra con vicino l’ennesimo tentativo di farla mangiare, e dopo ore di attesa si era addormentata appoggiata al muro. Alle richieste sue e di Steiner, che erano entrambi preoccupatissimi più per la salute mentale che di quella fisica di Garnet, rispondeva con un rauco “Per favore, lasciatemi stare”. Infatti Daga, più che nel corpo, era distrutta nello spirito: aveva perduto probabilmente per sempre l’unico uomo che aveva mai amato, e non perché era morto, ma perché era stato posseduto da un essere malvagio che lo avrebbe costretto a uccidere i suoi amici e lei stessa, e a fare chissà quali altre nefandezze. Non poteva essere così. Non doveva essere così: avrebbe preferito morire per la sua stessa mano, che per quella del suo Gidan. Con questo pensiero in testa, si alzò febbrilmente dal letto su cui giaceva da ore e si diresse verso la finestra, e vide con sorpresa che era aperta. Era la prima volta che pensava di metter fine alla sua vita con il suicidio. Non ci aveva pensato quando la sua Alexandria era stata distrutta, né quando dovette aspettare per due anni il ritorno del suo uomo. Allora però aveva la sicurezza, anzi la certezza che Gidan sarebbe arrivato a consolarla. Non poteva sopportare un’altra perdita così grave. Cominciò lentamente ad alzare la gamba dolorante sull’orlo della finestra, quando venne interrotta da una figura volante dai capelli blu che conosceva benissimo:

«Ferma Daga! Non farlo! Non farlo, ti prego!» gli urlò Eiko spaventatissima, cercando di fermarla con le mani. Ma nella sua ferma decisione, la gamba di Daga continuò a muoversi, e scavalcò l’orlo. «Non, farlo.» ripeté con fermezza la ragazzina. La regina abbassò la gamba e poi con lo sguardo fisso a terra disse:

«Perché non dovrei? Mia madre è morta. I genitori che non sapevo di avere sono scomparsi che neanche mi ricordo di loro. La mia città, che ho giurato di governare con responsabilità, rischiava di scomparire nel tentativo di proteggerla. E adesso Gidan è lontano da me contro la nostra volontà e non è più in se. Non ho più motivo per voler vivere.»

«Non puoi buttare via la tua vita in questo modo. Non è quello che avrebbe detto anche Gidan?» «Ma io…» iniziò Daga.

«E che diamine!» sbottò Eiko improvvisamente «Smettila di pensare solo a te stessa! Pensa alle conseguenze che il tuo gesto causerebbe: Beatrix, e Steiner soprattutto sarebbero disperati, e il tuo regno andrebbe in fumo. E non pensi anche a noi? A noi, che ti vogliamo un bene che neanche immagini, brutta testarda che non sei altro? E poi credi di essere la sola a voler bene a Gidan? Tutti noi per due anni abbiamo pregato e sperato insieme che tornasse, anche se non ci credevamo, e tu che fai? T’isoli dal mondo cantando quella cazzo di canzone a ruota, evitandoci. Trivia non è invincibile e allora, porco Ifrit, deve esserci un modo per aiutarlo! Mikoto ha trovato un frammento di quella fottuta spada, e la sta analizzando e con quello avremo almeno un indizio! Almeno moriremo nel tentativo, se sarà stato inutile!»

Daga era sbalordita: non aveva mai visto Eiko così arrabbiata e imprecare in quel modo. Ma aveva ragione. Aveva dannatamente ragione. Poi la vide indicare la porta oltre le sue spalle dicendole: «Adesso tu ti rivesti, ti fai stra-bella, e chiami a raccolta tutti gli altri. Non vorrai costringermi a usare le maniere forti!» il che era parecchio rischioso: una volta stavano duellando per gioco, e nel tentativo di bloccarla in una mossa di sottomissione, per poco non le ruppe una gamba.

Quando il chiavistello scattò qualche minuto dopo, aprendo la porta, Beatrix si riscosse e balzò in piedi. La regina si era vestita con il suo vecchio abito da battaglia che aveva modificato tempo addietro per non farlo sciupare. Era un po’ pallida e si reggeva alla porta per via dell’improvvisa debolezza che l’aveva colpita. Era viva, comunque, e soprattutto abbozzava un sorriso.

«Beatrix, amica mia, mi dispiace di averti fatto tanto preoccupare. Ora sto molto meglio. Ho deciso che dobbiamo aiutare Gidan: chiama il moguri Artemisio e spedisci delle lettere in cui spieghi la situazione ai moguri distaccati di Lindblum, Burmecia-Cleyra e al campo dei mercenari di Madain Sairi e che le diano a Amarant, Freija, e ai Tantarus. Inoltre, ordina alle truppe di tenersi pronte e a tutto, non sappiamo cosa Trivia abbia in mente. Ah, un’altra cosa: avrei un leggero languore…» ordinò.

La shogun non riuscì a dirle nulla di quello che avrebbe voluto dirle. Era troppo felice. Si portò il pugno chiuso al petto e sull’attenti, disse:

«Agli ordini, maestà. Faccio venire Quina.»

Quando la cuoca si vide chiamare, fu contentissima di aver ritrovato i favori del regale stomaco di Daga, che per dieci giorni aveva rifiutato le sue pietanze. Prese un foglietto su cui aveva appuntato delle ricette e le illustrò alla ragazza.

«Dovete ripijiavve presto dar digiuno reggì, senza però esaggerà, sinò ristate male. Comincerei con quarcosa de leggero: un ber piatto de pasta ar ragù de Zacmal!»

«All’anima!» esclamò la regina.

«In bianco però!» precisò la Qu «E poi ve preparo ‘na bella dieta ricostitutiva pe’ favve riprenne ‘e forze. Ve farò fà un bell’insieme de formaggi e de verdure. Eppoi, armeno un sottaceto d’erba Ghisal ar giorno, che è n’sacco nutriente.»

«No, i sottaceti no…» fece sconsolata.

Nonostante il suo odio per i sottaceti, in capo a due settimane si riprese totalmente, senza nemmeno ingrassare. Intanto Amarant, Freija, e Blank erano arrivati e aspettavano impazienti l’ordine di iniziare a muoversi. Daga arrivò accompagnata da Eiko e iniziò:

«Tutti noi, una volta o l’altra siamo stati salvati da Gidan: ci ha risollevato nei momenti difficili, ci ha convinto ad andare avanti anche quando sembrava impossibile, e si è sacrificato per noi. Adesso siamo noi a doverlo salvare da Trivia che si è impossessato del suo corpo. E possiamo approfittare di un grosso vantaggio: lui non si aspetta un nostro movimento preventivo, anche se ci ha praticamente invitato a farlo. È evidente che ha intenzione di vendicarsi prima di noi tutti e poi di avviare il suo piano di distruzione. Dobbiamo salvare Gidan, e sconfiggere quel maledetto una volta per tutte. Siete tutti con me?»

E tutti appoggiarono le loro mani su quella della regina: quella sottile di Freija, quella enorme di Amarant, quella fasciata di Blank, e quelle ferrate di Steiner e Beatrix insieme con quella di Eiko. «No, non siamo ancora tutti.» disse pensando all’unica persona del gruppo che mancava «Chiudete gli occhi, e pensate ad una piccola mano da bambino in un guanto rosso posata sopra la nostra.» E tutti nella loro immaginazione videro il piccolo Vivi alzarsi sulle punte dei piedi e appoggiare la sua mano su quelle degli altri.

«Adesso siamo tutti. Ora però c’è un piccolo dettaglio: sono due anni che non picchiamo qualche mostro. Dobbiamo riprendere ad allenarci. Qualche idea?»

«Ultimamente sopra la grotta di Ghizamaluk, cominciano ad esserci un po’ troppi Grand Dragon: andiamo a fargli visita?» propose Freija.

«Ottimo. Tutti alla grotta di Ghizamaluk!» fece entusiasta Daga.

E il party, dopo due anni, ritornò all’avventura.

A Toleno intanto, in una delle ville che davano sul canale, avveniva una scena che più da ambiente nobiliare sembrava da campo di battaglia: un ragazzo ed una donna se le stavano dando di santa ragione in “singolar tenzone alla spada” per dirla in termini, appunto, nobili. Quando quel ragazzo bussò alla porta della “dama solitaria” la donna, che discendeva da generazioni e generazioni di forti guerrieri e abili strateghi, si mise a ridere per la sfida lanciatagli. Non rise più quando semplicemente sguainando la spada blu dai riflessi verdi, il guerriero la sbalzò indietro di cinque metri.

«Non sei una persona qualunque, vero?» chiese lei rialzandosi.

«Sei perspicace, donna Lilyth. Sono qui per proporti un affare: duellerai con me per farmi capire se sarai capace di adempierlo. Se ti ucciderò… beh, troverò qualcuno di migliore che possa farlo.» le rispose Trivia.

Ferita nell’orgoglio, la nobildonna sfilò i capelli neri ondosi dalla coda, e si tolse il velo rivelando un volto bellissimo. Sfilandosi la gonna e il soprabito, rimase in un top sbracciato scuro, con una gonna che gli arrivava sopra le ginocchia che andava congiungendosi ad un piccolo strascico sul fondoschiena, dove primeggiava il simbolo di una rosa che perdeva un petalo. Era perfetta nelle forme e nella muscolatura che era presente ma non esagerata; l’unica cosa che stonava nella sua figura, era una lunga cicatrice che le partiva poco sopra il petto e che le scorreva fin sulla spalla destra, passando sul collo. Lo sfregio non era profondo, evidentemente era una ferita di striscio. Prese da sopra al camino la sua spada dalla lama nera e disse:

«Migliore di me? Sai, esiste solo una persona che mi abbia mai battuto. Ora serve un diverso padrone, e dubito che troverai un combattente migliore della sottoscritta.

«Dimostramelo allora.» e le fece il classico cenno con la mano di farsi sotto.

Lilyth scattò, e colpì con violenza l’Ultima dell’avversario, che fu investita da saette scure che distrussero l’arredamento circostante, facendo cadere e andare in frantumi il grandissimo e pesante lampadario nobiliare poco lontano da loro. Trivia incassò il colpo sorridendo:

«Dovrai far meglio di così per meritarti il mio incarico.»

Per tutta risposta, la donna iniziò a mulinare con la spada, alternando schivate acrobatiche e attacchi micidiali. La sua tecnica sembrava una danza per quanto era elegante, e i suoi colpi erano spesso contornati dalla magia nera, cosa alquanto rara per un umana. Lei incassava e deviava non senza fatica i colpi ricevuti, ma ogni volta che lo faceva, ripartiva con più veemenza all’attacco. Dopo un lungo contrasto, entrambi balzarono indietro, e dalla lama di Lilyth partì uno “Shock”! Aspettandoselo Trivia castò un “Flare”, e i due attacchi si annullarono a vicenda generando una fragorosa esplosione che per poco non fece crollare il piano superiore. Lilyth ripartì subito all’attacco, ma venne sorpresa dal secondo incantesimo dell’entità malvagia: dalla sua mano partì un globo nero, circondato da stranissime forme bluastre che investì in pieno l’avversaria che tramortita finì a terra. Tentò di rialzarsi, ma si vide puntata alla gola la “Ultima” di Trivia che le disse:

«Complimenti. Sei la prima ad aver resistito al mio incantesimo “Darkto”. Credo che te lo insegnerò. Ti sei rivelata più che degna per il mio incarico: ho bisogno che qualcuno comandi un mio battaglione, per distogliere le attenzioni del mio nemico, mentre io preparerò il mio piano.» «E tu chiedi a me, Lilyth, di farti da semplice diversivo?» le chiese sprezzante alzandosi. Trivia la prese rapidamente per la gola e sollevandola la sbatté ad una parete vicina, mantenendola al livello del suo sguardo furente:

«Ti consiglio di non fare l’arrogante con me, donna. Non farmi cedere ai desideri che questo mio corpo può avere nel vedere una bellezza del tuo genere inerme, e sottomessa al mio controllo.» la minacciò con voce sibilante, sfiorandogli con un dito la cicatrice per tutta la sua lunghezza, partendo dalla spalla.

«Sarai ben ricompensata, e se vincerai, ti metterò a capo del regno di Alexandria, che potrai amministrare come vorrai, dopo averne ucciso la regina.»

Anche ritrovandosi in quella posizione, Lilyth drizzò le orecchie.

«E nel contempo, ti aiuterò a vendicarti di colei che ti ha procurato questo sfregio, e che ha ingiustamente preso il posto di shogun di Alexandria al tuo posto.»

«Mia sorella?» chiese incredula.


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