“Vi dò di nuovo il benvenuto all’ennesimo capitolo di “The Ultimate Weapon”!! Ultimamente stò notando che stanno diventando parecchi coloro che leggono il mio lavoro, e di questo vi sono immensamente grato, considerando che non avevo poi così grandi aspettative di seguito per una storia su final fantasy 9, che purtroppo è fra i meno conosciuti. Vi ringrazio per la costanza e per i commenti (anche se non numerosi come vorrei)!! Aprofitto per dirvi che siamo alle fasi conclusive della fan-fiction, ma che ci vorrà ancora un pò di tempo per vederne il finale. A più tardi!”
Erano diverse ore che Lylith aspettava seduta su una sedia di legno con le gambe nude accavallate, dondolando pigramente con la punta delle dita del piede sinistro il sandalo slacciato. Detestava aspettare. Quella vecchia nave, di certo non appartenente a nessuna dei regni del continente della nebbia, non era a vapore ma a vela, e andava avanti solo con l’aiuto del capriccioso vento marino. Il vento, che quando veniva mandava forti raffiche che scombussolavano un po’ la sua capigliatura corvina, era intermittente e quindi ci misero più del doppio del tempo per arrivare a destinazione. La nave, che le dissero era un galeone, era a capo di una flotta di dieci di più piccola stazza, ognuna però piena dello stesso tipo di passeggeri: mostri della nebbia. Fu uno scherzo per Trivia ricrearne un poco mentre capiva come estrarre il potere dei ricordi dai Cristalli dove esisteva prima l’albero di Lifa. C’erano nebbiosauri, guerrieri zombie armati fino ai denti, goblin di diverso tipo e altri ancora. Ma il maggior pericolo veniva dal cielo: un piccolo stormo di Silver Dragon seguiva le navi a distanza in attesa di piombare contro il nemico. Vestita di un abito che ricordava vagamente quello della sorella salvo per i colori, in quel semplice abito e in quell’atteggiamento la guerriera rendeva un trono una qualsiasi sedia in cui si sedeva. Un goblin mago, una delle poche razze all’interno dell’equipaggio che parlavano il linguaggio umano anzi-ché solo capirlo, si avvicinò lentamente alla donna chiedendo con la classica vocetta gracchiante:
«Mia signora, il vento non sembra voglia mantenersi costante. Rischiamo di far guadagnare tempo al nemico. Non sarebbe meglio salire in sella ai draghi, e attaccare la città dal cielo?»
«Un attacco dall’alto… è invece proprio da quello che dobbiamo guardarci: Lindblum possiede un’enorme flotta di idrovolanti che ci distruggerebbe facilmente, come fece quattro anni fa all’albero di Lifa. Inoltre la città stessa è ancora difesa da quella barriera che la rende inattaccabile. Dobbiamo sbarcare al largo della porta drago-terrestre e invadere la città dall’interno.» rispose Lylith senza degnare di uno sguardo la creatura «In quanto alla lentezza potrebbe farci gioco, l’attesa snerva anche i nemici: solo che siamo noi ad attaccare. E se proprio avete fretta…»
Alzò la mano in alto senza cambiare posizione, e il vento si fece più forte: i loro turbinii erano illuminati di una luce verde che colpivano ripetutamente le vele mantenendole spiegate. La nave accelerò bruscamente e molti mostri caddero all’indietro sorpresi dall’aumento di velocità. Solo Lylith era saldamente ferma come se niente fosse, continuando a giocare con il sandalo. Dopo qualche minuto, uno zombie di vedetta urlò:
«Siamo in vista della costa Tiuanda!»
La guerriera si allacciò stretto entrambi i sandali, prese da un fagotto due lunghe placche di ferro e le assicurò ai lacci delle calzature e dietro i polpacci, facendoli diventare degli schinieri aperti. Applicò sulla spalla destra un grosso spallaccio di ferro, con una leggera punta alla fine, e al piccolo gancio che era presente sulla schiena inserì la sua spada nera e rossa. Nei capelli inserì un diadema d’acciaio che li teneva fermi. Da donna sensuale e annoiata, divenne improvvisamente la donna combattente ed ebbra di sete di vendetta e di sangue.
«Prepararsi a sbarcare! Cominciate a montare le catapulte!» ordinò.
Dinanzi all’enorme portone di legno e ferro conosciuto come porta drago-terrestre di Lindblum, fervevano i preparativi per l’imminente battaglia: il portone principale era stato rinforzato da ulteriori lastre di metallo e di legno inchiodate, mentre la piccola porticina era aperta e da essa uscivano e entravano soldati con uniformi diverse. La difesa della porta era relativamente semplice: un’enorme palizzata di legno era posta a semicerchio di fronte ad essa, collegandosi direttamente col fianco della montagna montata a tempo di record. Meno a tempo di record fu posto il cancello, che altro non era che una piccola zona del perimetro che veniva sollevata dal tiraggio di due macchine a vapore tramite delle corde; la porta non era visibile dall’esterno, e a sorvegliare la pianura di fronte vi erano delle torrette in acciaio, rimediate da alcuni idrovolanti da guerra. Da lì si aveva la visione di tutto l’altopiano Lunoras, con in fondo la grotta di Ghizamaluk ormai sigillata, e la palude dei Qu poco vicino. Beatrix e Steiner, insieme al granduca, erano sicuri che il nemico avrebbe attaccato da lì. Il porto, o porta drago-marina, era uno spazio troppo piccolo perché permetta a diverse navi di approdare a Lindblum senza essere facilmente colpite da semplici frecce incendiare. Cid cercò di mantenere tutto il folto schieramento in buona parte all’interno della parete di legno difensiva, lasciando un certo numero di soldati all’esterno ovvero nove centurie Plutò con a capo Togehen, Weimall e gli altri, insieme con altre cento soldatesse di Beatrix, (che aspettava insieme ad altre quattro centurie all’interno della palizzata), e ad alcuni soldati semplici di Burmecia in modo da far credere che fosse stato davvero colto di sorpresa. Erano quindi più di un migliaio di uomini all’esterno più un numero molto più grande imprecisato all’interno. Non si sapeva quanti fossero i nemici, che il moguri identificò solo come “mostri della nebbia”. Era mattina, qualche minuto dopo l’alba: il sole iniziava a irrorare la terra bagnata di condensa e di gocce di brina rivelando il paesaggio. All’orizzonte cominciarono ad apparire i membri del gruppo di Lylith. Sembrava un gruppo numeroso: avanzavano lentamente, sicuri di quello che facevano, nonostante una carica frontale li avrebbe sicuramente messi in forte vantaggio. Appena furono in vista, il cancello di legno della difesa si aprì e cominciarono a uscire a dispiegarsi sul terreno intere falangi dell’esercito alleato. Alla vista del nemico il gruppo mostruoso iniziò ad accelerare il passo. Consci che lo scontro frontale sarebbe stato inevitabile, gli uomini di Alexandria e di Lindblum accelerarono anch’essi il passo, preparandosi all’impatto con gli scudi e le lance. Beatrix osservava la situazione da sopra la palizzata insieme alle torrette di avvistamento trepidante. La strategia imponeva che dopo lo scontro frontale e la bagarre iniziale, che parte delle retrovie si spostassero verso l’esterno così che, dopo che l’avanguardia avesse lentamente ripiegato, potessero attaccare entrambi al fianco del nemico. Più numeroso non voleva dire più forte, e spostare rapidamente masse di esseri mostruosi doveva essere alquanto difficile. Pian piano i due eserciti si avvicinarono aumentando sempre di più il passo. L’attesa si fece sfiancante: i contendenti erano a qualche decina di metri l’uno dall’altro… venti metri…quindici… dieci… l’esercito di Lylith si fermò improvvisamente mentre i soldati umani continuarono a camminare, spinti dall’impeto. Beatrix intuì che non era cosa buona e guardò intorno al campo di battaglia: improvvisamente da parte opposta al mare, cioè dal fiume vide arrivare delle sagome argentee e grigie volanti.
«Attenti!» riuscì solo a urlare con tutte le sue forze, ma forse non fu ascoltata. Un folto gruppo di draghi volò rasoterra con gli artigli aperti sbaragliando decine e decine di soldati in pratica indifesi. Mentre i restanti cercarono di riassestare le fila e di mandare messaggi alle retrovie di non procedere con la manovra, i mostri caricarono. Sotto la spinta improvvisa del nemico e dell’attacco improvviso dei draghi che stavano già virando all’indietro per colpire ancora, l’esercito alleato indietreggiò visibilmente. Beatrix non perse tempo e ordinò alle sue soldatesse dabbasso:
«Salite su! Preparate dei gruppi da dieci e lanciate ad alternanza dei “fira” e dei “blizzara” contro i draghi prima che colpiscano! E voi, sulle torrette, datevi da fare! Dovete dare respiro alle truppe di terra!»
Da dentro lo steccato più di venti soldatesse di Alexandria si misero dieci in ginocchio con solo la testa e le mani sporgenti di fuori la palizzata, e venti a preparare le successive magie. I Silver Dragon e gli Zombie Dragon si prepararono a colpire nuovamente, ma a qualche metro da terra, la shogun ordinò:
«Lanciate!»
Ed improvvisamente lo stormo mortale venne investito da palle di fuoco di media grandezza che impattando contro i nemici li sbalzarono indietro, creando una gran confusione in cielo: i mostri a terra, non vedendo arrivare l’aiuto dal cielo, rimasero interdetti e ciò permise agli uomini rimasti di riorganizzarsi, ma questi ormai erano stati quasi dimezzati. Era ora di lanciare i rinforzi prematuramente: lo schieramento nemico, più numeroso di quello che si pensava, stava quasi aggirando quello alleato.
«Steiner! Vai immediatamente in carica! Do a te il comando: stai attento!» si raccomandò la shogun.
«Sì, mia Beatrix!» salutò il cavaliere chiudendosi il suo nuovo elmo a visiera.
Beatrix cercò di reprimere un sorriso al “mia” del “suo” Steiner e con un cenno del braccio diede ordini alle soldatesse di lanciare le magie d’elemento ghiaccio: le lastre trapassarono di netto i draghi rimasti, e l’improvvisa aria gelida li fece perdere di quota. Improvvisamente i mostri che avevano iniziato ad aggirare il primo gruppo, avvenendosi della carica di quello di Steiner cambiarono direzione: erano quasi pronti a saltargli addosso, ma una forte esplosione gli fece cambiare lo sguardo verso l’alto. Le torrette a cannone di Lindblum cominciarono a mitragliare dritto sul nemico che ormai allo sbando fu falciato dalla carica del generale, ormai già in vista del primo gruppo. Lo stormo dei draghi stava battendo la ritirata verso il mare, e Beatrix decise di mettergli il sale sulla coda grazie ai mostri che aveva addestrato e migliorato personalmente: ordinò alle soldatesse di montare sui Gryfon, mentre lei montava su uno stupendo Drago Rosso del Vulcano Gulgu. La bestia sentendo l’odore dei suoi simili impuri, scalpitava per entrare in gioco. Mentre si levava in volo, la shogun pensò guardando in basso:
«Non pensavo fosse così semplice…meglio non abbassare la guardia.»
Intanto Lylith osservava la situazione dalla spiaggia, dove erano attraccati, dall’alto del pennone del galeone con in mano il suo cannocchiale. Non pensava che quella povera difesa di legno potesse essere così ben equipaggiata. Però di una cosa adesso era certa: a parte le torrette e forse qualche mago, adesso era completamente sguarnita. I draghi ritirandosi stavano eseguendo una traiettoria involontariamente buona. Era il momento di intervenire.
«Portate la mia cavalcatura. E preparate i Silver Dragon rimasti.»
Alle sue spalle risuonarono dei passi pesanti, seguiti da altri e da altri ancora che si fermarono. La persona che era in prima fila, forse il capo dei nuovi venuti, si avvicinò alla donna e chiese: «Immagino che dobbiamo prendere anche noi le nostre…cavalcature.» fece la sua voce spettrale. «Non voglio vedere nessun soldato di Alexandria o di Lindblum rimasto in piedi quando guarderò in basso.» disse increspando le labbra carnose di un sorrisetto maligno.
«Sì, mia signora.»
Steiner intanto aveva raggiunto il primo gruppo, e i feriti cominciarono ad essere assistiti dai soldati di Lindblum che li curarono con pozioni e quant’altro.
«AD GLADIOS! Riprendete le armi! Rimandiamo questi mostri dall’inferno da dove sono sbucati!» urlò seguito dalle grida dei commilitoni. Mentre molti avanzarono spinti dall’entusiasmo dell’apparente ritirata delle fiere, non si avvidero di quello che avevano di fronte e vi sbatterono contro. O meglio, ciò che avevano di fronte li fece sbalzare via. Steiner, e Beatrix già in volo, rimasero attoniti da ciò che videro: vi erano centinaia e centinaia di uomini vestiti di uno strano abito nero con drappi e cinture, armati di lance e scimitarre. I loro occhi erano rossi ed erano talmente immobili da sembrare degli spettri. Dietro di loro vi erano almeno una quindicina di Zacmal, più grandi del solito, che portavano sulla loro schiena una doppia sella di pelli e legno dove un guerriero guidava la bestia, e un’altro tirava con una balestra. Il surreale silenzio fu rotto solo dall’urlo di un guerriero che aveva in testa una bandana blu scura:
“Alalaaaaaaaìì!!!”
La carica dei nuovi arrivati era impietosa e inarrestabile. Anche se quasi dello stesso numero dei difensori, le truppe di Zerxex riuscivano ad avere un vantaggio sul campo rendendo indecifrabili i loro spostamenti, perfezionati da decenni di battaglie e di conquiste. Beatrix vide ciò che stava succedendo e virò insieme con le altre per colpire rasoterra il nemico come avevano fatto i Silver Dragon in precedenza. Mentre si dirigeva a tutta velocità nella mischia, una delle cavallerizze della retrovia segnalò l’arrivo dello stormo nemico che stava andando a impattare proprio contro di loro. Beatrix notò che alla testa dello schieramento di draghi c’era un Amdusias, l’unicorno nero con quattro ali da pipistrello che, aveva sentito dai racconti di Steiner, abitava nel Pandemonium di Tera. Intuendo che quasi sicuramente a comandarlo ci fosse uno dei comandanti dell’esercito indirizzò il suo Drago Rosso contro di lui. Il nemico se ne avvide e sguainò la spada nera e rossa. Beatrix sguainò la sua Save The Queen e si mise in posizione per poi abbassare di netto la spada per troncare una delle ali del mostruoso cavallo: vide l’avversario fare lo stesso movimento ed erano a qualche metro di distanza. Una volta arrivati a mezzo metro entrambe fecero per abbassare la spada ma si guardarono negli occhi come capita sempre prima di combattere con qualcuno. Beatrix lo fece per centinaia di volte, senza mai mostrare né risentimento né pietà verso l’imminente vittima, prima di incontrare Gidan e Freija. Adesso aveva sicuramente imparato a controllare i suoi sentimenti ma accadde una cosa che ogni buon soldato spera che non succeda: riconoscere qualcuno nello schieramento nemico; le due donne si guardarono negli occhi e per il secondo che passarono immobili mentre le due fiere si scartavano di lato, riuscirono solo a dire:
«Beatrix?»
«Lylith?»
Nel Continente Esterno intanto si combatteva una battaglia che certo non era meno cruenta. Quera era a terra sfinita, Mikoto era stata sbalzata via dopo aver lanciato l’ennesima magia che non aveva sortito effetto ed Eiko cercava di mantenere la barriera difensiva che aveva dato a ognuno di loro. Flatrey era in piedi ma si reggeva a malapena. Si lanciò in avanti preparandosi a colpire di nuovo: Trivia evitò due colpi e parò con entrambe le lame magiche, il terzo. Scambiò alcuni colpi con il draghiere che però non riuscì a sostenerli e si beccò una brutta ferita di striscio su tutto il braccio.
«Non potete cavarvela: senza di me… senza Gidan non riuscite a far nulla!» schernì Trivia, evitando di pronunciare una frase alquanto compromettente.
Eiko eseguì un veloce Energira sul Burmesiano e fronteggiò il malvagio, serissima in volto. «Ah, granduchessina… sono proprio curioso di vedere cosa sa fare una bambina come te: dubito che senza i tuoi spiriti dell’invocazione tu sia in grado di sostenere uno scontro. E non credo ti lascerò abbastanza spazio per evocarli…»
La piccola sciamana gonfiò le guancie arrabbiata. Non sopportava che le fosse data della bambina: aveva dieci anni e ormai andava per gli undici! Prese il suo flauto e cominciò a eseguire una lenta melodia. La rieseguì un po’ più velocemente, poi ancora fino a quando non divenne un rapido arpeggio. Dal terreno spuntò una spira di vento glaciale che salì in alto. Sul quel piccolo spicchio di terra cominciò a nevicare fortissimo e dopo pochi secondi vi erano già diversi centimetri di neve. Persino il semidio era incantato dalla singolare luce simile all’azzurro che emanava e rimase immobile, non riuscendo ad approfittarne. La neve improvvisamente iniziò a tremolare ed Eiko riprese con la melodia: dal manto innevato prese vita una forma dalle fattezze di un animale che iniziò a muovere alcuni passi. Cominciò poi a scrollarsi la neve di dosso: sotto di essa vi era la tigre siberiana che ringhiando fece uscire dalla sua bocca una fitta nebbiolina.
«Oh, vedo che hai evocato roba rara… per tale disturbo dovrò impegnarmi.»
Lentamente colui che aveva le sembianze di Gidan ritrasse entrambe le lame magiche ed estrasse dal fodero l’Ultima che rifletté della sua particolarissima luce. Il silenzio fu spezzato dall’improvviso acuto di Eiko, che cominciò ad intonare quasi danzando una veloce e trascinante melodia: a ritmo di essa, la fiera colpiva con i suoi artigli Trivia che rispondeva parando e colpendo con la sua spada. Il combattimento anche se insolito era spettacolare, e Rovy sembrava reggere bene il confronto dell’uomo armato. Saltando indietro lanciò dalla bocca un colpo ghiacciato che nulla aveva da invidiare alla “Polvere di diamante” di Shiva. Il semidio provò a evitarlo ma fu investito quasi in pieno e scartò via di lato. Non era fisicamente danneggiato, ma sentiva il corpo come se fosse assiderato. Riprendendo il controllo volando, vide che la tigre gigante si dirigeva cavalcando a mezz’aria verso di lui. Questa volta però Trivia pensò ad una differente strategia: mentre il felino si preparava a dilaniarlo con le zanne lui lo scavalcò letteralmente e si preparò a colpire con la spada la ragazzina mentre suonava, con l’intento di fermarla. Ma dirigendosi verso di lei, notò una insistente ombra su di lui prima di sentire un fortissimo colpo che lo scaraventò a terra.
Rialzandosi vide sparire ciò che l’aveva colpito: UNA ZUCCA?!
«Pe’ preparà ‘na zuccona de’ Halloween, prendere ‘na zuccona gialla, togliece la porpa per facce la pasta a pranzo e al posto suo mettece ‘na caldela. L’effetto sarà… esplosivo!» disse entusiasta Quera per il successo del suo “zuccone”. Trivia era ancora stordito ma abbastanza accorto da avvedersi della lancia che era stata tirata da altezza vertiginosa da Flatrey che impattando col terreno lo fece letteralmente saltare in aria. Protettosi con il corpo, Trivia vide arrivare verso di se a velocità incredibile dei colpi di Fira e di Blizzara che come dei proiettili si dirigevano verso di lui: era Mikoto che faceva partire dai globi che aveva sullo scettro dei velocissimi colpi magici. Il semidio provò a deviarli mulinando la spada che si arroventava e diventava gelida ogni volta che defletteva una magia. Provando dolore alla mano, passò la spada all’altra ma venne investito dal basso da un’enorme spunzone di ghiaccio e successivamente da una esplosione di fuoco, sempre lanciati dalla Jenoma. Mentre cadeva a terra, li vide avventarsi su di lui, decisi a finirlo. Rialzandosi di scatto piantò la spada nel terreno e da essa partirono tantissimi raggi di luce blu che colpendo i nemici provocarono fortissime esplosioni: la “Luminaria” di Trivia li aveva praticamente sconfitti. Si avvicinò per dar loro il colpo di grazia, ma da lontano vide due nuovi arrivati: il primo era uno strano tipo seduto su uno scudo fluttuante; la seconda la riconobbe Eiko prima di venire soccorsa dal suo gattone:
«…Daga?»
“Vi prego di perdonarmi, non sono mai stato molto in grado di descrivere scene di guerra come queste, e di ciò ringrazio alcuni miei amici che forse non leggeranno mai il frutto dei loro aiuti. Le due sorelle si sono rincontrate, e il primo gruppo le stà prendendo, ma è scesa in campo (ogni allusione è involuta…) Daga. Cosa l’ha spinta ad entrare in battaglia? E riusciranno nel loro intento? Tutto nel prossimo capitolo!! IF YA SMEEEELL!! WHAT THE ALEX IS COOKING!!!
psyker: giocare sulla personalizzazione di Trivia? Far leva su questo per liberare Gidan? Vedrai, vedrai…