The Crystal Habit Podcast: Episode 9

20 Aprile 2012
Meagan Marie – Community Manager
Georgina Goodlander – Smithsonian Web & Social Media Content Manager
Chris Melissinos – Curatore progetto “Art of Video Games”
Karl Stewart – Global Brand Director
Casey Manning – Recruiter

Meagan Marie: Ciao a tutti, grazie per essere sintonizzati. Siamo al nono episodio del podcast “The Crystal Habit” e, come sempre, conduco io, Meagan Marie. In questo episodio mi sono un po’ discostata dalla procedura che seguo di solito e ho preparato un’intervista con alcuni esperti esterni nel mondo dei videogiochi. Abbiamo trascorso una buona ora a discutere della mostra d’arte dei videogiochi al museo americano Smithsonian. Restate con noi per una conversazione molto dettagliata. Terminiamo il podcast con una chiacchierata con Karl per la solita sessione “Take five”, insieme ad un altro aggiornamento sulle assunzioni da parte di Casey Manning, fino ad arrivare alla fitta stagione dell’E3. Godetevi lo spettacolo!

Parte I

The Crystal Habit Podcast #9

Meagan Marie: Fondato nel 1846 e situato a Washington, lo Smithsonian Institution è il museo più grande del mondo ed un complesso di ricerca. Ospitante 18 musei e gallerie, lo Smithsonian è rinomato per la sua collezione di opere storiche ed artistiche, insieme ad un considerevole centro di ricerca ed istruzione. Come tale, quando il museo d’arte americano Smithsonian ha rivelato il suo obiettivo di esplorare 40 anni di storia dei videogiochi, e dettagliare l’impatto dei media sull’arte, sulla cultura e sull’intrattenimento in una mostra dedicata, è stato un momento di grande orgoglio per il settore. Lo è stato altrettanto per lo il nostro studio e staff, quando è stata rivelata l’inclusione diTomb Raider nella mostra. Perciò, detto questo, sono molto contenta di parlare con due organizzatori chiave dell’evento per parlare di motivazione, collaborazione e accoglienza dell’arte dei videogiochi. Con me ho Georgina Goodlander, di cui – lasciamelo dire – adoro il nome, peraltro.

Georgina Goodlander: Grazie.

Meagan Marie: La manager del contenuto web e social dello Smithsonian. E poi ho anche Chris Melissinos, il curatore del progetto “Arte dei Videogiochi”. Quindi, ciao Georgina e ciao Chris.

Chris Melissinos: Ehi. Grazie per averci invitato.

Meagan Marie: Ok, ragazzi, vi ho detto che avremmo cominciato la nostra intervista con una semplice ma importante domanda. Vi identificate entrambi nella figura del giocatore? E, se sì, qual è stato il vostro primo videogioco o ricordo più bello?

Chris Melissinos: Georgina, vuoi cominciare tu?

Georgina Goodlander: Volentieri. Mi considero assolutamente una giocatrice. Sono cresciuta con Amiga 500 Plus, ero solita giocarci molto con mia sorela, i nostri amici vicini e mia madre. Ci gioco ancora con mio marito.

Meagan Marie: Fantastico. E tu, Chris?

Chris Melissinos: Um…assolutamente. Ho cominciato a giocare con i videogiochi quando avevo…Oddio, forse tre o quattro anni? Negli anni ’70. Sono nato il 1970, perciò di sicuro la mia prima console era un Pong. Ho giocato e collezionato da quel momento in poi. Ho riunito una collezione di circa 43 console, coppie di cabine arcade. Una buona parte di queste console sono nella mostra ora, quindi non ritorneranno a me almeno per un paio d’anni. C’è un po’ di ansia da separazione, ma…nella nostra famiglia, genitori compresi, giochiamo a videogiochi come principio quotidiano, con i miei tre figli, mia moglie e me. Sono un giocatore da tutta la vita.

Georgina Goodlander: Se io sono una giocatrice, credo ci voglia una parola tutta nuova per definire Chris.

Meagan Marie: Sì, è stato un grande gesto d’affetto dare via la tua collezione personale per la mostra…

Chris Melissinos: Ho già premesso che potrei tornare su eBay e prendere un Saturn o qualcosa con cui dilettarmi. Ho bisogno di prendere qualche vecchio gioco da riprovare.

Meagan Marie: Beh, credo che tutti apprezzeremo il tuo sacrificio per il futuro. Dunque, per tornare alle domande dell’intervista…giusto per dare qualche informazione di base, Georgina, quando hai cominciato per la prima volta a lavorare per lo Smithsonian, e quali sono le tue responsabilità come manager del contenuto web e social?

Georgina Goodlander: Ho cominciato allo Smithsonian come addetta al back office nel 2003, perciò adesso mi avvio verso il mio nono anniversario qui. Sono manager del contenuto web e social solo da pochi mesi; è una nuova posizione nel museo; ho in cura la maggior parte dei nostri servizi online e cerco di capire come possiamo metterci in contatto con le persone che non possono arrivare fisicamente al museo.

Meagan Marie: Immagino che, con questa mostra in particolare, questo sia stato un aspetto importante…

Georgina Goodlander: Beh, è interessante. La mostra mi ha praticamente guidata a questo ruolo. Credo che abbiamo imparato attraverso l’Arte dei Videogiochi, molto presto…abbiamo scoperto questa immensa community online di persone appassionate di videogiochi. Perciò abbiamo cominciato a connetterci con loro più di un anno prima che la mostra fosse effettivamente inaugurata. Pertanto, la mostra è stata una grande opportunità per noi per sperimentare in molti modi diversi come raggiungere questo pubblico online. Tutto ciò si è presto tradotto nella ricerca di cosa fare con le altre mostre al museo.

Meagan Marie: Questo è fantastico da sentire, che c’erano così tante sfaccettature intorno alla mostra.

Georgina Goodlander: Oh, ce n’erano. Questo evento ha rappresentato tante nuove esperienze, è stato meraviglioso.

Chris Melissinos: Con riguardo a questa mansione, poi, prima di svolgerla, aggiungo una cosa io, visto che Georgina non lo dirà…lei ha anche condotto il primo Reality Game alternativo mai realizzato allo Smithsonian, o in un qualunque museo di rilievo. Si è rivelato un gran successo, ha vinto un premio, che le è stato dato da Wayne Clough, il direttore tecnico del museo. Per l’innovazione. E quindi è stata la connessione di Georgina con i giochi e l’introduzione nel museo di frammenti di gameplay che in qualche modo ci hanno spianato la strada per cominciare a parlare seriamente a riguardo, il che ha portato alla mostra Arte dei Videogiochi.

Meagan Marie: Beh, è bello che Chris si vanti di te. Capisco che tu non voglia farlo da sola…

Georgina Goodlander: Sono piuttosto brava in questo, ma grazie, Chris.

Meagan Marie: Dunque, Chris, perché non ti vanti un po’ di te ora? Puoi parlarci un po’ di te, come sei stato coinvolto nel progetto? E, in quanto curatore, quali erano i tuoi compiti?

Chris Melissinos: Come ho detto, ho cominciato a giocare quando ero molto giovane e ho cominciato a programmare quando avevo nove anni. Ho ideato il mio primo videogioco, chiamato Space Degree, quando ne avevo 12, sul mio Commodore VIC-20. Che aveva solo 3K di RAM, gente, 3 kilobytes. Il che è molto, molto poco. Quindi i videogiochi sono sempre stati, e la programmazione è sempre stata, una fissa, una parte della mia vita. A metà degli anni ’90 ho gestito i Forum di Atari e Sega per AOL. Ho sempre provato a rendere la tecnologia e i videogiochi una parte di qualsiasi percorso lavorativo avrei deciso d’intraprendere. Quando ero a Sun Microsystems, ho creato la possibilità di focalizzarsi sulla costruzione delle tecnologie next-generation basate sul web e interconnesse per lo sviluppo dei videogiochi. Quindi il Java sui cellulari, Interfacce di Programmazione di un’Applicazione nel gameplay, tecnologie di server…il che mi ha portato a diventare il capo ufficio del settore giochi di Sun Microsystems. E’ stata una mansione che ho conservato per oltre un decennio. Perciò sono rimasto a lungo nel settore, partecipando a GDC, E3, conferenze e ogni tipo di evento. Ma in qualità di collezionista, e qualcuno che non ha solo giocato ai videogiochi in tutta la sua vita, ma anche qualcuno che ne ha seguito lo sviluppo per molto tempo…sono stato invitato al museo nel 2009 per un evento chiamato Smithsonian 2.0. Era un evento a cui erano stati invitati circa più di venti senior technologist provenienti da tutto il mondo per aiutare a capire le opportunità che la tecnologia poteva fornire allo Smithsonian nel raggiungere nuovi utenti e connettersi con loro in un modo mai fatto prima. E’ stato in quell’occasione che ho avuto l’opportunità di incontrare Georgina e di potermi effettivamente collegare con uno show chiamato Big Bang Theory. “Oh, ami anche tu quella serie?”, mi sono fatto avanti. E così è cominciata la discussione. Probabilmente poi il museo ha detto “Ehi, dobbiamo organizzare qualcosa a riguardo dei videogiochi” e Georgina avrà risposto “So chi può aiutarci”.

Georgina Goodlander: Dovrei specificare anche che l’evento Smithsonian 2.0 ha coinvolto tutto lo Smithsonian e non solo. Non era solo al Museo d’arte americano. Di fatto è stato organizzato dal segretario, Wayne Clough. Lui voleva capire come lo Smithsonian potesse acquisire più rilevanza nelle vite delle persone del 21esimo secolo. Il nostro obiettivo dal 19esimo secolo. Voleva capire cosa potessimo fare ad oggi. Per cui quell’evento si è svolto allo Smithsonian ma ha coinvolto anche tanti esperti provenienti da fuori, Chris compreso. E in qualche modo è sfociato in una conversazione che io Chris abbiamo avuto con il nostro direttore circa cosa il museo avrebbe potuto fare con i videogiochi.

Chris Melissinos: E’ importante puntualizzare anche che una parte dei miei trascorsi si focalizza sulla preservazione e sul comprendere la preservazione dei media. Le questioni tecniche, così come quelle sociali, riguardano anche questo. Perciò me ne sono occupato, assieme alla cura dei rapporti con la IGDA, conosco qualcuno di lì, ho allestito gli stand con loro alle conferenze e cose di questa natura. Perciò questo ha toccato tutte le cose di cui io…di cui io sono davvero molto appassionato. Videogiochi, sviluppo, preservazione, e significato culturale. Dunque questo è un perfetto fulcro di opportunità per me.

Meagan Marie: Sembra decisamente di sì. Quindi, concentrandosi specificamente sul museo d’arte americano Smithsonian, questa è stata una sorta di mostra senza precedenti o la cultura pop e l’intrattenimento erano già stati abbracciati all’interno del museo in modo simile prima?

Georgina Goodlander: Credo che fosse sicuramente una novità per noi. Non abbiamo mai fatto mostre di questo tipo sulla cultura pop. Abbiamo realizzato uno spettacolo sulle illustrazioni di Norman Rockwell qualche tempo fa, che in qualche modo può essere fatto rientrare in questo ambito. Ma non del tutto. In ogni caso siamo…siamo sempre stati all’avanguardia nel modo di collezionare l’arte, di esibirla e anche nella programmazione online. Siamo stati uno dei primi musei ad avere un sito web, uno dei primi musei ad avere un blog. Come Chris diceva, abbiamo realizzato il primo reality game alternativo nel mondo nel 2008. Dunque non ritengo che sia così sorprendente che abbiamo allestito questa nuova mostra, per quanto sia decisamente la prima volta per noi.

Meagan Marie: Magnifico. Sono sicura che ci sono molte persone – perché questo è un podcast ascoltato a livello globale – che non potranno putroppo partecipare alla mostra. Saresti in grado di disegnarci un tour virtuale, una guida dei punti di maggior interesse? So che avete diviso la mostra in cinque aree di gioco per accentuare i 40 anni di storia. Puoi parlarci di questo ed illustrarci l’idea di base delle mostre?

Chris Melissinos: Certamente. L’idea dietro la mostra era quella di guardare ai videogiochi come ad una forma d’arte. Ci sono state altre mostre che hanno cominciato a dare uno sguardo in tal senso ai videogiochi, ne ho viste diverse, e sono piuttosto carine. Perciò, più che guardare soltanto, e ancora, all’arte che si cela nei videogiochi, la domanda è: cosa significano i videogiochi come amalgama di tutte le forme tradizionali d’arte nell’ambito di una nuova forma d’arte? Pertanto abbiamo davvero provato ad avere questo tipo di approccio. Data la prospettiva, abbiamo diviso l’evento in modi diversi. Ci sono tre componenti di punti nella mostra, perciò se siete venuti per visitarla, il primo spazio che si calpesta descrive l’umanità, le persone dietro questi giochi. La loro filosofia, da dove hanno preso l’ispirazione. Abbiamo intervistato…forse 34, 36 luminari dell’industria? A partire da Nolan Bushnell fino a Tim Schafer e Kellee Santiago. Un’intera varietà di persone. Ed Fries. Cliff Bleszinski. Tutte persone così. Abbiamo davvero cercato di tirar loro fuori cosa è stato importante, riguardo ai videogiochi, e perché sentono che sia un mezzo in cui voler creare le proprie storie, portare la loro esperienza al mondo e ricercarvi un significato più profondo. Mostriamo un sacco di concept art. Mostriamo il progresso della meccanica, ad esempio come cose tipo saltare, diciamo da Pitfall su Atari VCS, come la stessa meccanica sia positivamente cambiata nel corso del tempo, attraverso Tomb Raider, giusto? Fino ad arrivare al più recente Uncharted 2, dove si vede Nathan Drake che si dondola su una liana e Pitfall Harry che fa lo stesso, facendoti così rendere conto di come la meccanica sia mutata nel corso del tempo, ma anche di come la tecnologia abbia dato agli artisti un set più vasto di mezzi con cui lavorare, un canovaccio più ampio su cui dipingere. Perciò nella prima area raccontiamo di persone e umanità. Dovrei anche segnalare che c’è un incredibile sezione qui, chiamata “Giocatori”, in cui…è stata progettata da Michael Mansfield, che ha lavorato con noi allo Smithsonian ed ha pensato bene di dare la possibilità alla gente di videoregistrare con una telecamera ad alta risoluzione mentre giocano, soli in una stanza. Così, si siedono tutti soli e comunicano con il gioco, i loro corpi si muovono tutto intorno alla stanza, li si può vedere pensare attivamente. E’ davvero una sezione meravigliosa. Poi si arriva nella seconda area, in cui ci sono cinque giochi, uno per ognuna delle cinque ere rappresentate nella mostra. Ognuno di questi cinque giochi ha rappresentato qualcosa di significativo per l’era in cui è stato concepito, non solo per come ha rivoluzionato il modo di giocare, ma anche per come gli sviluppatori e i progettisti lo hanno realizzato. I giochi che presentiamo sono…Pac-Man, Super Mario Bros, Il Segreto di Monkey Island, Myst e Flower. Ognuno di questi giochi ha fatto qualcosa di unico e diverso nella propria epoca per cambiare la percezione dei videogiochi, il modo in cui i progetti venivano elaborati e via discorrendo. E poi c’è l’area finale, in cui si mostra l’evoluzione dei giochi come forma d’arte nel tempo. Si comincia da Atari VCS, si finisce con la Playstation 3, attraversando questi 20 sistemi lungo 40 anni, seguendo la progressione dei giochi che mostriamo sopra ognuno dei sistemi, lungo il percorso. Per cui, invce che far giocare le persone, che non sarebbe funzionale in una mostra d’arte, abbiamo 60 e 90 secondi di materiale video con cui accompagnare ogni singolo gioco mostrato. Così facendo, i visitatori possono comprendere meglio cosa i progettisti volevano comunicare, perché è stato importante e cosa ha significato per la sua epoca.

Georgina Goodlander: Naturalmente non siamo in grado di replicare online la mostra, ma abbiamo inserito tutte le interviste video online. C’è anche del contenuto addizionale che non abbiamo potuto adattare alla mostra fisica, ma che è disponibile sul sito web. Queste sono una parte importante della mostra, parlare con tutte queste persone, con tutti questi meravigliosi sviluppatori di giochi. Perciò…se non potete venire al DC, potete almeno guardare i video.

Chris Melissinos: Dovrei anche accennare al fatto che abbiamo scritto un manuale per la mostra, chiamato “The Art of Video Games: From Pac-Man to Mass Effect”. Al suo interno, abbiamo parlato di 80 giochi, tra cui Tomb Raider oviamente non poteva mancare. Le persone possono dargli un’occhiata e leggere nel dettaglio descrizioni ed espansioni su quelle idee che non potevano essere convogliate in 60 o 90 secondi di video. Perciò c’è una gran varietà di modi con cui le persone possono godersi la mostra ed avere accesso a diverso materiale, perlopiù riguardante lo studio coinvolto nella creazione della mostra.

The Art of Video Games

Meagan Marie: Assolutamente. Ritornerò su questo punto verso l’ultima parte dell’intervista, perché so che presso Square Enix North America si sta organizzando un concorso a riguardo di questo libro. Ci ritorno fra un minuto. Adesso vorrei sapere qual è stato il gradimento della mostra dal pubblico, e se questa è una pratica comune o solo una decisione presa per rendere la mostra più interattiva del consueto.

Chris Melissinos: Beh, l’idea che sottostà al volere consentire al pubblico di avere accesso a del materiae extra…è difficile da spiegare, ma non è stata una scelta a voto aperto in cui abbiamo chiesto al pubblico di votare gli 80 giochi che desideravano vedere alla mostra. Si tratta di una lista di 240 giochi, attentamente curata, a cui il pubblico ha potuto contribuire, per assicurarci che la loro voce fosse ascoltata nella mostra, così da renderli partecipi. Ci tenevo particolarmente a questo aspetto, per una ragione in particolare, ossia…La premessa che abbiamo creato, che informa che la narrazione della mostra sta per partire, è ciò che noi chiamiamo le “tre voci” dei videogiochi. E la prima voce di videogiochi è quella del designer o dell’artista, quella che plasma un’esperienza ed utilizza i videogiochi per portare ciò al giocatore e al pubblico. La seconda voce è il gioco stesso. E’ la meccanica del gioco, è letteralmente il vocabolario tecnico. Come s’interagisce con il gioco, come comunica al giocatore che cosa sta per fare e come farlo scattare. Ma la terza voce è il giocatore. Ed è qui che i videogiochi prendono le distanze da qualsiasi altra forma d’arte. Perché è nel gioco del gioco che emerge l’arte, che l’arte dei videogiochi si realizza. Perché io e te e Georgina possiamo giocare a Tomb Raider, diciamo, sul Saturn, e possiamo raggiungere gli stessi punti, siamo in grado di arrivare alla fine del gioco, ma possiamo raccogliere frammenti molto diversi di informazioni o di esperienza da quel viaggio. Questo non lo facciamo con i libri e neanche con i film. Possiamo farlo con i videogiochi. Quindi, rimanendo fedeli alle tre voci premessa del racconto, ho sentito che era importante che la voce del pubblico, che nutre altrettanto amore e ammirazione e connessione personale a questi giochi, fosse anch’essa rappresentata.

Georgina Goodlander: Penso che lo sia sicuramente…Questa è certamente la prima volta che il nostro museo ha fatto…Aiutare il pubblico a selezionare le opere per una mostra. Non è la prima volta che questo è stato fatto da un museo in generale. Ma i musei nel loro complesso sono veramente alla ricerca di modi nuovi per diventare più partecipativi in come assemblare le esposizioni, in come gestire i programmi, cose del genere. Questa ci è sembrata l’occasione perfetta per sperimentare concretamente una votazione pubblica come questa. Per tutte le ragioni che Chris ha appena elencato, questo era il mezzo ideale per questo tipo di cosa, un mezzo partecipativo. Il giocatore è essenziale per concepirlo come una forma d’arte. Mi sembrava del tutto naturale lasciare che il pubblico ci aiutasse a scegliere le opere.

Meagan Marie: Quindi il voto è stato aperto dal 14 Febbraio 2011 al 17 aprile 2011. A vostro avviso, qual è stato il fattore motivante nel guidare il voto del pubblico? Era una voce internazionale, c’erano alcune comunità più attive di altre? E ci sono state sorprese?

Georgina Goodlander: Prima di tutto…Credo che abbiamo ottenuto 119.000 voti, 119.000 persone hanno votato, per un totale di 3.700.000 voti, e hanno rappresentato 175 paesi. Qualcosa di fenomenale, dunque. Sicuramente molto internazionale, e credo che il pubblico fosse più internazionale di quanto fossimo abituati qui al Museo d’Arte Americana. Certamente ha generato molto dibattito. Quello che mi sorprende è che temevamo che solo i giochi più venduti avrebbero vinto in ogni categoria, o i giochi più popolari. Cosa che assolutamente non è accaduta. La gente per la maggior parte era estremamente giudiziosa, ha considerato quello che sentiva essere il gioco più artistico in ogni categoria e ha votato a favore. Siamo rimasti scioccati. Perché, voglio dire, il pubblico ha detto di essere preoccupato quanto noi, cioè che solo i giochi più venduti avrebbero avuto visibilità. Assolutamente no. Se guardate quali giochi hanno vinto, troverete un sacco di sorprese.

Nota! La conversazione continua enunciando il progetto del museo, con commenti vari dei partecipanti sui giochi più acclamati. Non rivelando informazioni dirette su Tomb Raider, abbiamo omesso la traduzione della parte che rimane di questo primo segmento. In ogni caso, potete trovare un video riepilogativo del progetto qui sotto, oppure visitare la pagina ufficiale del museo per saperne di più.

 

 


Take Five

 

 

Meagan Marie: Ciao a tutti, riprendiamo con la sessione Take Five, ho qui con me Karl, come stai Karl?

Karl Stewart: Bene, bene, finalmente potrete constatare che la mia tosse è sparita.

Meagan Marie: Ottimo, negli ultimi podcast sei stato parecchio giù di tono. Questa volta hai una bella voce forte.

Karl Stewart: Ritorno alla normalità.

Meagan Marie: Questo ci giuda direttamente alla nostra prima domanda, per quanto non sia direttamente correlata a Tomb Raider, lo tocca solo minimamente, ma me la fanno spessissimo. Com’è viaggiare agli eventi della stampa? Quanto tempo stai via di casa, come ti interfacci con le barriere linguistiche, sei mai rimasto sorpreso da qualcosa in particolare? Qual è il posto che visiti più volentieri? Perché questa è una delle tue attività principali, occuparti delle pubbliche relazioni…

Karl Stewart: Ci sono due lati di quello che ho fatto nel corso degli ultimi, probabilmente, due e più anni per Tomb Raider. Tradizionalmente viaggio per lavoro, guardo i piani generali, lavoro con tutti i territori e fisso i nostri obiettivi e la nostra visione per il franchise, per questo, ovviamente, come portavoce, devo mangiare, dormire e respirare. Così, ci viene poi chiesto di occuparci anche della stampa. Quindi passiamo un sacco di tempo nel corso di tutto l’anno…Lo scorso anno è un grande esempio. Abbiamo iniziato l’anno con Game Informer, via lassù, poi ritorna giù, poi tutto ad un tratto c’è stata qualche grande presentazione, ecco il futuro del franchise, ecco dove abbiamo intenzione di arrivare con esso. Abbiamo dovuto volare in giro per molte questioni di lavoro. E poi una volta che hai fatto, ecco che devi essere in grado di seguire un sacco di altri partner. Allora capisci di essere in tour stampa. La maggior parte di voi che mi seguite su Twitter ha visto che, tra Germania, Francia, Tokyo, Londra, sono stato ovunque. Russia. E’ divertente, si vola, è un cercare di vedere tutti, tentando di rimanere il più motivato e appassionato al prodotto, che noi tutti amiamo, giorno dopo giorno. A volte ricevo le stesse domande che poi vi riportiamo, che…Faccio del mio meglio per essere sicuro di trasmettervi la stessa passione che provo io, ma ovviamente sentire la stessa cosa, per esempio “parlami di Lara”, dopo un po’ ti fa dire frasi come “Okay, fammi un’altra domanda”.

Meagan Marie: E tantissime volte sei nella stessa stanza e sembra di trovarsi in una porta girevole. Hai cinque minuti, bevi un bicchiere d’acqua e poi via con la prossima intervista.

Karl Stewart: Presentarsi allo show, risalire nella mia stanza d’albergo…Nemmeno la mia camera d’albergo, e’ una camera d’albergo con il letto uscito fuori, due divani e un grande poster messo dietro di me e ogni 30 minuti per tre giorni è una continua intervista. Parli del prodotto e fai quello che devi fare. E poi quella sera in genere si passa fuori a discutere con i partner commerciali per cercare di fare in modo di catturare anche il loro interesse, visto che ci siamo. E’ faticoso, assolutamente estenuante, ti dirò. Amo quel che faccio, non fraintendetemi, penso che sia fantastico.

Meagan Marie: Qual è il periodo più lungo in cui sei stato via?

Karl Stewart: Hmm…Credo che due settimane sia stato il periodo più lungo. Sono partito e mi sono preso del tempo, invece di rientrare in aereo dall’Europa e poi ripartire di nuovo per l’Europa, mi sono fermato con i componenti della mia famiglia che vivono nel Regno Unito. E poi ho continuato i miei viaggi. E’ stato il più lungo. Mentre il più breve…credo che sia il più breve, ce ne sono due che ritengo i più brevi, poi vi racconto il più strano. Il più breve è stato meno di 36 ore di volo per Londra e ritorno per una riunione, che era complicata…Beh, non è stata poi così complicata. Sono atterrato, ho partecipato all’incontro che avevo e sono tornato. E poi, nel giro di quattro giorni, ancora una volta, coloro che mi seguono su Twitter lo sanno già, ho circumnavigato il mondo in meno di quattro giorni e mezzo. Ho volato da qui a Londra, ha fatto una serie di incontri a Londra, sono risalito su un aereo, sono andato a Tokyo, ha fatto una serie di incontri a Tokyo, poi sono risalito su un aereo e tornato indietro. Non credo che il mio corpo mi abbia mai raggiunto.

Meagan Marie: Non hai avuto tempo per abituarti a niente.

Karl Stewart: Non mi ha neanche giovato troppo, visto che sono stato male per un po’ dopo quella sessione. E’ tutto divertente, non voglio lamentarmi, ma è faticoso. Per chi lo vede, sembra un gioco…Se solo poteste vedere quanto sono stralunato per via dei fusi orari nella maggior parte dei miei incontri!

Meagan Marie: Quindi, la tua voce ora resterà robusta per un altro paio di mesi, e poi si ricomincerà da capo, sarà…

Karl Stewart: Sì.

Meagan Marie: Un grande anno.

Karl Stewart: A dire il vero, ho dovuto riflettere a questo proposito, nei miei incontri. Ho imparato a scendere di proposito di un paio di ottave, perché ho la voce un po’ acuta quando presento e parlo piuttosto forte. Sto cercando di mantenerla il più bassa possibile, in quanto più forte parlo, meno tempo di trasmissione ho. La mia voce sparirà molto rapidamente. E questa è una cosa molto importante per tutte le persone che rappresento, cerco di distillarla in ogni singola presentazione, cerchiamo di mantenere i livelli di rumore nella stanza verso il basso in modo che non ci sia da gridare. Una volta che cominci a urlare, la tua voce va da sé.

Meagan Marie: Va bene, passiamo alla nostra seconda domanda! In alcuni screenshot Lara ha una ruvida piccozza apparentemente fatta a mano, mentre in seguito ne riceve una lucida dall’aspetto metallico. Questo è uno di quegli esempi di progressi nell’attrezzatura di gioco di cui avete parlato?

Karl Stewart: Questo è qualcosa che abbiamo mostrato, è per questo che penso che…Siamo stati molto chiari circa i pezzi dell’attrezzatura e su come, quando si inizia il gioco, bisogna evolversi, ed evolvere nel senso di…Si parte con niente e si deve, attraverso le proprie abilità, migliorare ciò che si è, le proprie capacità. Alcune demo che abbiamo mostrato l’anno scorso, ovviamente…Abbiamo mostrato Lara con questa ascia di fortuna e nel tempo cominceremo ad esporre come la ottiene e perché la ottiene, come si utilizza. Ma poi abbiamo anche mostrato Roth che dà a Lara un’ascia per arrampicarsi. Quindi sì. Abbiamo parlato dell’idea di migliorare l’attrezzatura, che è una parte molto importante del gioco. Non vediamo l’ora di presentare il modo in cui tutto ciò si inserisce nella storia generale del gioco e nello sviluppo del personaggio e della personalità di Lara nei prossimi mesi.

Meagan Marie: Bello. Questa è una di quelle che mi piacciono. Ci sarà un action figure Play Arts Kai di Lara? Alcune persone cercano di unire i puntini…

Karl Stewart: Non è difficile collegare quei puntini. E’ Play Arts Kai. Stiamo guardando un intero…Una serie piuttosto ampia di prodotti in licenza. Naturalmente, è Tomb Raider, siamo molto pignoli su quello che facciamo e quanto vogliamo far arrivare fuori. Ma siamo stupefatti delle Adam Jensens, delle Final Fantasy e delle Metal Gear Solid. Se poteste vedere il mio ufficio in questo momento, Meagan sta guardando il mio scaffale, ci sono un sacco di cose da Batman Arkham Asylum a Deus Ex, fino a Metal Gear. Le colleziono tutte, sono un grande fan. Quindi non ho intenzione di rivelare scoop qui, ma solo di dirvi di aspettare e di vedere quello che faremo. Sono un grande fan. Ma questo è tutto ciò che dirò.

Meagan Marie: Va bene. Ecco un’altra domanda molto specifica che ho avuto da un grande fan su Tumblr. Nella maggior parte dei titoli Tomb Raider, Lara ha uno scuro e sarcastico senso dell’umorismo. Esso fa ancora parte della sua personalità o è il risultato delle esperienze che deve ancora vivere in questa prima avventura?

Karl Stewart: Anche in questo caso, con le presentazioni che ho fatto negli ultimi 12 e più mesi, siamo stati molto attenti nel fare in modo di presentare Lara come personaggio giovane e ambizioso. Non ha ancora girato il mondo o partecipato a una spedizione. Quindi ha voglia di imparare e di crescere e…era ambiziosa abbastanza da voler salire sulla nave e fare questo viaggio, in primo luogo. Vogliamo fare in modo che il personaggio sia di oggi, questa è la sua prima volta. Nei passati Tomb Raider, c’è stata una sorta di…di arroganza o di sarcasmo nella sua voce, quando dice certe cose. Questa non è una caratteristica che si trova in questa Lara, e di certo non una caratteristica che al momento miriamo a far emergere nella sua personalità. Vogliamo che il giocatore abbia un attaccamento emotivo a questo personaggio, che ci trovi una personalità a cui sentirsi vicino, che sia rilevante per i tempi odierni. E’ un po’, ancora una volta torno a quello che ho dato in passato circa gli IP…Ciò che James Bond ha detto negli anni ’60 non è quello che James Bond dice oggi. Se si dovesse prendere quello che ha detto 40 anni fa e si applicasse a un personaggio di oggi, la gente penserebbe “non capisco. Perché o come o…Quanto interrelato è al pubblico di oggi?”. Siamo stati molto attenti alla scadenza del personaggio in fase di sviluppo. Anche in questo caso, non abbiamo intenzione di entrare in spoiler e dirvi ciò che fa e non dice. Ma abbiamo mostrato molto chiaramente nelle demo che abbiamo rilasciato per la stampa un lato di Lara in cui anche lei non crede di essere una vera Croft. Deve crescere e deve diventare qualcuno.

Meagan Marie: Va bene, la domanda finale è una specie di parallelo a quelle sulle Play Arts Kai. E’ abbastanza popolare sui forum, in realtà. Square Enix sembra abbracciare un elevato grado di crossover nei contenuti post-lancio, come con Final Fantasy XIII-2. C’è la possibilità che ciò avvenga anche in Tomb Raider, una sorta di crossover all’interno dell’azienda, esternamente, costumi …Qualcosa del genere?

 

 

FF XIII-2 Prada FF XIII-2 Prada
FF XIII-2 Prada FF XIII-2 Prada

Karl Stewart
: In questo momento non c’è assolutamente niente di pianificato. Il nostro obiettivo è quello di lavorare sul single-player e penso che sarebbe un po’ strano per Lara essere su un’isola e incontrare Lightning o…

 

 

Meagan Marie: Ezio o personaggi vari da Gears of War e Final Fantasy…

Karl Stewart: Già. Quindi adesso, no, non esiste un piano di sorta per realizzare un qualsiasi crossover. Non ne vedo all’orizzonte in questo momento. Ma si sa, mai dire mai, c’è sempre una possibilità. Penso che ci siano molti prodotti là fuori che hanno aspettato fino all’ultimo minuto per aggiungere qualcosa che sentivano fosse pertinente, lo hanno fatto e ha funzionato. Ma in questo momento, no, non abbiamo niente…E’ un gioco concentrato. E’ tutto su Lara.

Meagan Marie: Beh, grazie per le risposte, Karl, e per il tuo tempo. Goditi il resto della giornata.

Karl Stewart: Nessun problema, è sempre un piacere. Non vedo l’ora di rivederti il mese prossimo. Anche se siedi fuori dal mio ufficio per tutto il giorno…

Meagan Marie: Ok, ciao ciao.

Parte III

Meagan Marie: Ok, prima di chiudere lo show, abbiamo Casey Manning, uno dei nostri addetti alla selezione del personale, che è tornato. Ben tornato, che cosa avete per noi questo mese sul fronte assunzioni?

Casey Manning: Ehi, Meagan, è bello essere di nuovo qui. Siamo ancora ricercando faticosamente diverse figure, abbiamo avuto alcuni grandi CV di recente e siamo ancora alla ricerca di tecnici talentuosi e innovativi. Così come artisti di talento a livello senior. Siamo sempre alla ricerca di grandi artisti e designer.

Meagan Marie: E in particolare, mentre ci prepariamo all’E3, hai un paio di aggiornamenti da fare.

Casey Manning: Già. Assolutamente. Il nostro team assunzioni si sta preparando per l’E3, siamo molto felici di essere di nuovo al centro del divertimento di quest’anno. Ciò che stiamo facendo quest’anno è molto divertente e ci piacerebbe incontrare specificamente qualsiasi capo ingegnere o ingegnere senior che possa partecipare all’E3. Potremmo avere un paio di cose divertenti in programma per voi, maggiori dettagli seguiranno, probabilmente dopo maggio. Ma per chiunque sia interessato, non esitate a inviare una e-mail direttamente alla Crystal. Il mio indirizzo e-mail ècmanning@crystald.com. Oppure inviate il vostro curriculum con una nota nella lettera di accompagnamento a resume@jobvite.com, o semplicemente compilate il form direttamente sul nostro sito, nella sezione www.crystald.com Jobs.

Meagan Marie: Ok, quindi se parteciperete all’E3 e soddisfate questi criteri, prendete nota nel vostro blocco note, per ora. Promemoria, incontrare ka Crystal.

Casey Manning: Sì, vi ci porteremo e vi faremo divertire, promesso.

Meagan Marie: Grande. Grazie mille per l’avviso.

Casey Manning: Nessun problema. Grazie, Meagan.

Meagan Marie: E questo è tutto per oggi. Considerando che questo spazio era precedentemente riservato alla Sfida Trivia di Tomb Raider, come si è detto il mese scorso, abbiamo intenzione di lanciare questo concorso in diretta sui nostri social media da questo momento in avanti, per assicurarci che la partecipazione sia accessibile per gli appassionati di tutto il mondo. La nostra prossima sfida trivia avrà inizio il 1° maggio e provvederemo a condividere le informazioni attraverso tutti i principali social network, come Twitter, Tumblr e Facebook. Quindi tenete d’occhio quegli spazi. Grazie per l’ascolto!